Stai consultando: 'HATRIA = ATRI ', Dr. Luigi Sorricchio

   

Pagina (151/332)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina      Pagina


Pagina (151/332)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina




HATRIA = ATRI

Dr. Luigi Sorricchio
Tipografia del Senato Roma , 1911, pagine 324

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

Aderisci al progetto!

   
[Home Page]




[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   148
   LIBRO III - H ATRI A SOCIA DI ROMA
   avevano accennato a difendere il dritto degl'Italici. Eppure questi avevano sparso il loro sangue dovunque, dalle sponde del Guadalquivir al Sipilo, dalla Tessaglia ai piani dell'Africa, per fondare l'impero di Roma nel mondo. Tanto maggiore diveniva questo contributo di sangue, ora che la tempra ro-mano-latina, infrollita dopo superato il pericolo cartaginese (del che sarà prova l'ignominia della guerra giugurtina), cominciava a rifuggire dalla milizia. Nella guerra di Numidia i Latini ricevettero la nuova offesa di vedere decapitati valenti ufficiali loro per giudizio sommario di guerra, mentre all' intimo soldato romano veniva riserbato il dritto di appellarsi ai tribunali di Roma. In Teano Sidicina, città importante federale, del pari che nelle repubbliche latine di Cales e di Venosa, venivano battuti e massacrati cittadini ragguardevoli per futili o immaginarie offese ai legati ed anche a semplici privati di Roma. Intanto, contro tali delitti, che avvenivano quotidianamente, v' era 1' impunità, mentre v' era l'appello al popolo ed il giudizio se il colpito fosse stato il più umile cittadino di Roma. Neil' avere o non avere la cittadinanza romana era, insomma, riposta la libertà o la soggezione senza limite per le genti d'Italia. Ecco come veniva scemando quell'antagonismo che la sapienza dei vecchi romani aveva saputo creare e mantenere tra i comuni latini ed i comuni italici, e come tutti si andassero via via avvicinando in un odio comune contro la superba ed ingrata dominatrice. Il Latino indipendente poteva ricordare al de-ditizio Picentino che erano entrambi soggetti alla stessa scure. Non ostante tutto ciò, erano ancora i federati latini ed italici che si facevano massacrare contro i Cimbri e i Teutoni, mal guidati prima dai generali romani, e poi condotti alle vittorie di Acque Sestie e di Vercelli, dal terribile Caio Mario (652-53 d. R.). Il quale, ammirandone il valore sui piani Rau-dici, appunto a Vercelli, concesse motu proprio, sul campo, la cittadinanza romana a due intere coorti italiche. Quando poi in Roma gli fu rimproverato 1' atto come violatore della