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HATRIA = ATRI

Dr. Luigi Sorricchio
Tipografia del Senato Roma , 1911, pagine 324

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   CAPITOLO III.
   155
   di Ascoli, qualche agitazione tra i deditizii Pretuzziani - tra i coloni, massime di Castro, sarebbe assurdo il pensarlo -non avesse dovuta nascere : anzi le parole di Appiano ce lo farebbero credere. Scrive egli, infatti, che tutti i finitimi agli Ascolani presero le armi. Vero è che annoverandoli, non vi pone i Pretuzziani; ma ciò potrebbe significare che se movimento vi fu - e l'escluderlo non mi par probabile, dati i precedenti e la naturale tendenza dei poveri spodestati verso Ascoli, da cui solo potevano sperar salute - esso non potè svilupparsi e fu subito represso. Ed invero, come potevano essi muoversi colla fortezza di Castro nel cuore e con quella di Atri alle spalle?
   Organizzazione 'politico-militare degl'Italici. — Quali fossero le intenzioni degl'Italici verso Roma, è chiaramente dimostrato dagli ordinamenti politico-militari che essi si diedero e dalla fondazione della nuova Roma, che essi chiamarono fatidicamente Italia. Questa sorse nel cuore della regione sollevata, in quella che fu poi il nostro Abruzzo e che doveva essere la nuova culla d'Italia: sorse nel bel pianoro bagnato dall'Aterno e dal Gizio, dove era Corfinio dei Peligni, che ribattezzarono Italia. Quivi i federati crearono il nuovo foro, la nuova curia per 500 senatori, i due consoli Q. Pom-pedio Silone, marso e C. Papio Mutilo, sannita ; quivi, infine, organizzarono il governo e la guerra, e battettero le celebri monete argentee di tipo romano, nelle quali però al nome di Roma, è sostituito quello d'Italia, e nelle quali vedesi il toro sabellico schiacciare la lupa romana, ed altrove i capi dei popoli confederati prestare il giuramento, su di una scrofa, colla spada sguainata. Parevano imitare Roma, mentre non riprendevano che i loro proprii istituti anteriori a Roma stessa.
   Tutta l'Italia era insorta; Roma tremò, indossò il saio, depose la toga, ed ancora una volta invocò dai socii di nome latino (Livio, Epit., 72) quell'aiuto che non meritava. Se costoro avessero vacillato, Roma era perduta. Ma essi, non