XV. Roberto I.
l'altro più generale di Giordano II, pur principe di Capila. garantisce nel 1123 l'integrità delle persone e di tutt' i beni dell'abate e del monastero di Monte Cassino (1). Erano dunque questi atti di pura c semplice guarentigia di possesso, opportuni allora e che davano i principi mediati o immediati in modo ordinario e che quindi non hanno il significato, che vuol loro attribuire il l'alma.
7. Poco dopo questo tempo, nel 11-48 cioè, il conte Roberto ci si fa innanzi in un giudizio, non più nella forma solenne e popolare di un placito, sibbene in quella di un tribunale, di una curia, come allora dicovasi, composta, giusta l'ultima riforma di re Ruggiero, di regii giustizieri e di giudici annessi (anneri), ehe qui appaiono vescovi, come si scorge nel testo, clic noi diamo integramente (doc. XVII). Uno de' giustizieri è il nostro conte Roberto, che si sottoscrive: « Ego Rubertus Co-« mes Aprutinus domni Regis Iustitiarius ». Innanzi ad essi comparve il vescovo aprutino (allora Guido II) coi suoi chierici ed avvocati, per ripetere il possesso del monastero di S. Niccolò a Tordino, che diceva godere da oltre trent'anni contro l'abate di Monte Cassino, il quale invece sosteneva di tenerlo da più di cento anni. Delegati dalla curia il vescovo di Chieti Goffredo e il conte pur di Chieti Berardo ad udire le parti e ad esaminare i costoro documenti, tutti giudicarono a favore del monastero cassinese, imponendo perpetuo silenzio al vescovo aprutino ed investendo il primo del possesso. La sentenza fu redatta in Pescara ai 22 di aprile del 11-18. dell'IP' indizione, con l'ordine a maestro Trastaine (Tristano?) d'inserirla negli atti ed a Pandolfo. notaio del cancelliere di rogarla.
(1) Gattola, op. cit. voi. I, p. 239.