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squisita finezza, il quale serbasi per l'inverno ad uso degli animali grossi che vi rimangono.
Ulivi.
Ho detto che sono in Napoli de' letterati i quali ignorano perfettamente che la nostra provincia abbia ulivi. A-pruzzo e Svizzera sono ivi per molti cose simili, forse perché non sono penetrati giammai al di qua degli Appennini, ove giacciono le due provincie di Chieti e Teramo. Ed uno di essi asserisce, come ho notato in principio, che ad esempio de' marchigiani se n'erano piantati alcuni sul conjìne; mentre il fatto è precisamente il contrario. Da secoli noi abbiamo dato olio allo stato romano, ed ora stiamo dando i piantoni di ulivo, da che quel Governo ha, da febbraj o 1836, pressoché proibita l'introduzione dell'olio, ed ha sèriamente promossa la piantagione dell'albero di Minerva, accordando un premio per ogni nuova pianta. Questo incoraggiamento ha prodotta grande ricerca di arboscelli, che noi abbiamo fornito dalle nostre piantonaie, ed immediatamente sono state queste triplicate. Intanto la riferita proibizione è per noi desolante. Saputasi due mesi prima, fu tale la premura di prevenirla, che fra detto tempo si sdaziarono alla nostra frontiera 120,000 metri di olio, senza contare quello passato in contrabbando. Portavasi per terra , non solo in Ancona, ma sino a Bologna ed a Modena, e vennero in tal periodo ad incettarlo, un grosso carretto di Firenze e due di Milano; tra quelli che io so casualmente.
Tornando al proposito, dirò che gli uliveti sono antichissimi nella nostra provincia. Per la copia di essi Silvio Italico chiamò verdeggiante la città di Penne. E veramente il suo distretto ne ha avuti a preferenza per lo passato, ma ora anche quello di Teramo li propaga in vaste estensioni. Eccetto le grandi alture, e le terre umide, o esposte a venti umidi nelle rive de' fiumi e de' torrenti; gli ulivi allignano in una zona che può calcolarsi dai subappennini al mare, in una larghezza media di miglia 15 e di una lunghezza di circa 35, o sia di una superficie di miglia qua-