DI PANCRAZIO PALMA 4Q9
plirla con altro zuccaro eterogeneo, o diminuire la parte acquosa. Quindi, anche prima della chimica, l'esperienza dettava ai nostri maggiori, fin dal tempo della romana repubblica, di far evaporare al fuoco la soverchia parte acquea, onde aver mosto, più o meno zuccheroso, e colla successiva fermentazione più o meno robusto e durevole. Quel che una volta facevasi per pratica, ora da molti si fa sopra un dato certo, mercé la misura col gleucoenometro. Abbiamo trovata vera la massima del P. Onorati che il vino ottimo nasce da un mosto'di 28 a 30 gradi. Se fa meno gradi, il vino è inferiore e dovrà bersi presto. Se oltrepassa i gradi 30, sarà da invecchiare. Noi facciamo vini di tutte le gradazioni col mezzo dell'evaporazione. Di rado si espone al fuoco tutto il mosto di una botte; ordinariamente una parte sì e l'altra no, ed ognuno ha il suo. metodo. Siccome il cotto assai giunge a 36 ed anche a 40, così vi si mischia il crudo di 20 a 24. Basta misurar l'uno e l'altro, e proporzionare il numero de' barili per averlo del calibro medio che si vuole. I vini di viti basse, di colline assolate, ridotti a 32 gradi o più, conservandosi più anni, gareggiano colla Ma-•laga, e tale può dirsi quello del sig. Patrizi di Montorio. 1 vini più generosi e colorati si mandano nell'aquilano. In provincia nostra quelli più bianchì e più deboli sono preferiti, e molti abborrono i vini ritornati perché li credono astringenti. Eccellenti sono i moscati di molte private famiglie, e rinomati quelli di Castiglione alla Pescara, ove si coltivano intere vigne di moscatella, di cui, oltre il liquore, fanno spaccio dei grappoli freschi in Aquila. Diversi distinti proprietarì vanno iìitroducendo uve delicate, come la malvagia di Oandia, il tokai, la balsamina ed altre. Anche la Società agraria ha fatto nel suo orto due viali di uve pregevoli.
Generalmente però nella piantagione de' vitigni si antepongono i più feraci di grossi grappoli, perché più duella delicatezza si cerca la quantità. Si-preferisce a tutti il mon~ tonico, perché da frutto maggiore, brava i geli tardivi che sogliono danneggiare le gemme delle altre varietà, tutte più precoci, e le nebbie di giugno che fanno spiovere gli