Stai consultando: 'Opere Complete di Pancrazio Palma (1781-1850) ', Giovanni Palma (a cura di)

   

Pagina (461/626)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina      Pagina


Pagina (461/626)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina




Opere Complete di Pancrazio Palma (1781-1850)

Giovanni Palma (a cura di)
Giovanni Fabbri Teramo, 1912, pagine 572

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

Aderisci al progetto!

   
[Home Page]




[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   DI PANCRAZIO PALMA 411
   soggette a stucchi si puniva chi lo avesse fatto. Or senza siepe non vi può esser vigna, orto o altra pregevole cultura, a tutte giovando per riparo da venti, da uomini e da bruti. Nei contorni de' nostri paesi le siepi sono antichissime, ed oggi se ne pongono ovunque imprendasi una piantagione. Una volta vi si univano confusamente arbusti di ogni specie frammisti con olmi. Oggi si preferisce di farle interamente di bianco-spino (Crataegm monigynia) con piantine radicate, tratte da semenzai delle Marche, ed in parte da quelli introdotti fra noi. Queste dopo due anni si tagliano fra le due terre onde averne più getti, che in seguito, piegandosi diagonalmente, s'intrecciano in modo da formare una siepe impenetrabile, durevole e che tosandosi ogni due anni da fascine ed una gaja veduta. Le rozze antiche.-fratte sono utili per la quantità di alberi da legno, particolarmente di querce, che nascono e crescono all'ombra della loro protezione. Bello il vedere nei dintorni de' luoghi a-bitati, ai fianchi delle strade e nei limiti dei fondi, file di querce e di olmi ad alto fusto, e qualcuno a capitozzo, sorti in mezzo alle siepi, e che formano l'unico legname di tali contrade, per lavoro e per fuoco.
   Da tutto ciò chi non rileva l'utilità delle siepi? E non si manca di piantarne; manca bensì il modo di educarle, non perché sieno negligenti i proprietarì a coltivarle, ma per le continue devastazioni de' foraggiatori di legne. E-scono costoro d'inverno a truppe di donne e fanciulli col proposito di riportar fascine. Non han coraggio di salir sulle quercie, sentono ribrezzo ad assalire viti ed ulivi, ma si gittauo senza pietà sulle siepi che considerano roba da fuoco. E replicandosi ogni anno il giuoco, ne viene la distruzione, e lo scoraggiamento a piantarle di nuovo. Non ha il padrone alcun riparo a tale disordine. Supposto il rarissimo caso che sorprenda i tagliatori ed incontri de' testimoni, può far la querela; si apprezza il danno pochi grani, quanto può valere un fascio di sterpi: la pena è al più qualche giorno di prigionia o di mandato in casa, considerandosi come furto di quattro o cinque grani, senza rinfranco di spese, le quali sono a carico del querelante,-

Scarica