DI PAKCRAZIO PALMA 429
che si permette di restar in mare giorno e notte per l'intera settimana. Al contrario presso di noi (fa d'uopo pur confessarlo) le genti di mare sono più immorali, e forse questo riflesso scoraggia alcuni a costruir barche: i regolamenti sanitarì non permettono di pescare che dal nascere al tramontar del sole per ogni timor di peste, e dal principio del corrente secolo «sono stati pochi i periodi di libera pratica. Di più nell'occupazione militare vi fu -un tempo in cui si proibì la pesca con reti da aprile a settembre, onde non guastare le freghe dei pesci. Le poche barche furon tirate a terra ed i marinari dispersi. Intanto i marchegiani solcavano liberamente il nostro mare colle numerose paranze. Tale divieto, giusto forse nel golfo di Napoli, ove il grande spaccio fa esistere centinaia di barchette le quali prendono pesce stazionario, era fuor di luogo per l'Adriatico, ove in ispiagge piane ed unite non altrimenti può pescarsi che con reti alla vela, e dove i pesci sono quasi tutti 'migratori e giornalmente camminano contro vento. Supponendo che una rete solchi ogni giorno una striscia di 10 palmi, pqr danneggiare le freghe di un miglio di fondo avrebbe bisogno di 700 giorni, quanto fosse possibile farlo regolarmente ed esattamente. Togliete i giorni di calma, di libeccio e di tempesta, i dì festivi che sogliono passarsi-a terra: calcolatela giornaliera trasmigrazione dei pesci, e conchiudete quale danno possano mai recare tre o quattro reti alla vela, che avevamo ed abbiamo, in un tratto pescabile di 30 miglia di lunghezza e 40 di larghezza; giacché sino a tale altezza si stendono le nostre barche in alcuni mesi dell'anno. Nello stato romano non vi è stata mai alcuna restrizione, e da secoli è stata sempre abbondante la preda.