DI PANCRAZIO PALMA 43~L
   sola idea; mentre la seconda vien dalla prima, e ne differisce come l'effetto dalla causa. Certamente nelle grandi e ricche città, negli emporì di mare, le fiere ed i mercati sono superflui, perché ivi ogni giorno qualunque specie di merci si mercanteggia.
   Per l'esterno commercio la provincia è stata sempre contrariata. Quando gli altri stati erano aperti ai nostri prodotti, eravamo impediti dal tribunale della grascia, da dazi, da divieti. Ora che il Re ci accorda libera estrazione, le faenze, i grani, i vini, gli olì sono angariati dagli altri due stati bagnati dall'Adriatico: unico campo delle attualmente possibili speculazioni; ed i nostri navigli sono gravati nei porti austriaci dell'enorme dritto di ducato 1,50 a tonnellata. Sarebbe da desiderare che il regal governo potesse conchiudere coi medesimi un equo trattato di commercio, come ne ha stipulati colla Francia, Inghilterra, Olanda, Sardegna ecc. '
   Più di una volta il Consiglio generale ha chiesto un porto franco in Pescara, ed una fiera franca di assegno ivi ed in Giulia. In quanto a me sono avverso a simili stabilimenti, e non considero un posto franco che come un privilegio accordato ad una città, senz'altr'utile pel paese che una facilitazione al contrabbando. Di fatti il favore non sarebbe che per le merci straniere in discapito delle nazionali; giacché riguardo all'estrazione, attualmente tutti i nostri porti sono franchi, meno che per pochi oggetti. Lo stesso opino per le fiere franche o di assegno.

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