AETICOLO V. Della maggiore possibile moltiplicazione delle piante.
Se è vero, come ho premesso, che la naturale agiatezza di un popolo sta nel possesso del maggior numero di vege-tabili: che fra questi i legnosi servono al cibo non meno che alle abitazioni ed alle arti; dopo riconosciuta lodevole la premura dei nostri proprietarì nell'educarne i più utili, dirò che spetta alle autorità pubbliche ed alle economiche società il promuovere la piantagione de' meno ovvi. Quindi il miglior uso che potrebbe farsi dei terreni addetti alle e-sperienze sarebbe di convertirli in vivai di alberi, per dispensare i piantoni non ai privati, ma ai pubblici stabilimenti e specialmente ai comuni. Dovrebbero questi ricuperare gli antichi spalti e fossati intorno ai paesi, per lo più usurpati dai vicini, ed addirli a ville o passaggi, guarnendoli di alberi ^infruttiferi adatti alle diverse località. Quest'uso, già vecchio in Germania ed in Francia, vedesi trascurato nel nostro regno; se si eccettui Foggia, Oapua e qualche altra città, ove comincia a gustarsi. Tali pubblici diporti giovano ad ammansare ed addolcire i costumi, attirandovi il popolo nei giorni festivi, e gli oziosi in tutti i tempi, che altrimenti nelle bettole, ne' giucchi rovinosi ed in pratiche peggiori spenderebbero il loro tempo. E non saprei dire quante migliaja di piante potrebbero vegetare in terreni sinora inutili, se oltre tali siti, di alberi si guarnissero i margini di tutte le strade a cura de' comuni^ quando i possessori limitrofi se ne mostrassero ritrosi. Né costosa o dif ficile sarebbe la piantata, Difficoltosa bensì la conservazione