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Opere Complete di Pancrazio Palma (1781-1850)

Giovanni Palma (a cura di)
Giovanni Fabbri Teramo, 1912, pagine 572

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   OPERE COMPLETE
   o almeno scrivere ed inviare alla società i loro divisarnenti, le loro scoperte, le esperienze e le applicazioni degli altrui trovati a fine di contribuir con ciò al lustro dell'accademica , riunione, alla giusta rinomanza della patria, e ciò cbe più importa, alla generale istruzione degli abitanti. Non è già il vigore che manchi. Ha forse Teramo degenerato! E non è dessa che meritò da un Acton, mezzo secolo indietro, il glorioso titolo di Atene del regno i E donde mai è che nel secolo della stampa appaiono rari nantes in gurgite vasto libri e memorie utili? Io ne credo tre le cagioni.
   La prima una mal intesa modestia. Si crede che uno non debba pubblicare se non opere classiche da gareggiare con quelle delle sublimità intellettuali europee; che non potendosi dir nulla di meglio di quanto già trovasi scritto, inutil sia il consumar altra carta. Sia pure: dirò ài modesti (e molti ne saran qui presenti). Ma svolgendo quei sommi non vi resta largo campo di applicare i loro pensamenti alle particolari circostanze di una regione di tanto svariata superficie suscettibile di mille differenti industrie? Non vi è nulla da osservare in essa che la fisica, la botanica, la statistica, la zoologia, la mineralogia, le arti belle avvantaggino? Ogni piccola notizia di una delle provinole più sconosciute sarebbe accolta e pregiata dai letterati raccoglitori di quanto può estendere la massa inesauribile delle umane cognizioni. Se qualcuno fra noi si accingesse a stendere, non dico una Flora pretuziana, ma un saggio di essa: se altri l'analisi pubblicasse di tutte le acque; altri la Fauna descrivesse, altri la Pomona; e chi tutt'i moltissimi vitigni annoverasse, chi le molteplici specie di ulivi; se molti si applicassero a precisare le altezze di tutt'i paesi, de' monti e colli principali (lavoro già cominciato dall'illustre marchese Delfico, che la più difficile parte prescelse, sulla vefta poggiando del Gran Sasso d'Italia, continuato dal eh. nostro consocio sig. giudice Mozzetti per tutt'i luoghi ne' quali ha riseduto; mancandoci però ancora le misure delle eminenze che fiancheggiano il massimo monte, e quelle poco meno elevate della catena degli appennìni, le quali dall'aquilano ci disgiungono) e chi le giornaliere fasi del barometro, ter-

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