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Opere Complete di Pancrazio Palma (1781-1850)

Giovanni Palma (a cura di)
Giovanni Fabbri Teramo, 1912, pagine 572

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a cura di Federico Adamoli

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   ripetendo però che hanno sempre ed unicamente badato ai loro domestici profitti, i quali hanno con tal sistema molti-plicati, senza che nulla mai abbian fatto per la totalità, eccetto per sicura retribuzione. Ma lasciando i materiali vantaggi vi sono de' pregi morali annessi ad un regno, ad una provincia, ad ima città, che a ciascun abitante compartiscono alimento di un lodevole amor proprio; ed al contrario l'oscurità, la goffaggine, l'ignoranza presunta o vera, la povertà, l'abbiezione di una contrada su di ciascun nativo di essa riverbera e rifrange. E poiché il piacere morale più del concreto vuoisi apprezzare, da che ognuno più della roba ordinariamente stima il suo onore, la sua origine, il suo rango sociale; così, come nella cassa pubblica ripone la sua rata di denaro per la generale sicurezza e per la grandezza e dignità dello Stato, metter dee anche a contribuzione i proprì talenti per vedere illustre, civile, agiata ed onorata la provincia ove ebbe i natali e della quale potrà gloriarsi a misura che renderassi più conosciuta per coltura, per dottrina, per industria. Ed è questo lo scopo delle economiche società, come di tutte le letterarie adunanze, dalla prima e più antica di esse, che nel risorgimento delle lettere fondavasi in Oosenza: mettere in comune le svariate conoscenze di molti, ad oggetto d'istruirsi reciprocamente, e le diverse teorie ed esperienze raccogliere e pubblicare pel popolare ammaestrameato. Ohi dunque avendo cognizioni di qualunque sorta atte a far progredire la economica prosperità della provincia e non viene a deporle al banco della società, mal corrisponde alla fiducia in lui riposta dal Re nel nominarlo socio pel solo fine di promuovere, dirigere, illustrare qualunque maniera di miglioramento capace di aumentare la felicità dei sudditi, unico scopo delle sovrane sollecitudini.
   Il terzo ostacolo, a mio credere, è il pànico timor della critica. Vi sono per ogni dove, è vero, degli aristarchi, i quali non si credono nati che per censurare. Tutto per essi è triviale o superfluo quanto a lor d'intorno si scrive. Incapaci o ritrosi a far nulla, passano il tempo a trovare o immaginare difetti nelle opere altrui. Un sol neo che disco-

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