Il Terremoto nella Marsica del 1915


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     Più meravigliosi per la vita furono certi casi di animali: due mule vissero sotto un monte dì rovine, una 22 giorni, l'altra 23. Un pollo visse pur esso 22 giorni, due maiali 22 giorni. E gli animali e gli uomini portavano, tornando alla luce una stupida fiacchezza nessun desiderio di cibo, sete inestinguibile e quasi cecità, effetto del prolungato digiuno.
     Quei dissepolti, chiesti dei loro pensieri mentre erano sotto le macerie dopo di aver raccontato i loro casi, terminavano col dire: «Fin qui mi ricordo, poi mi addormentai».
     Il terremoto avvenne il 5 febbraio 1783. Era un mercoledì come quello che conchiudeva il triste fato di Avezzano. Un'ora dopo il mezzogiorno si sconvolgeva il terreno in quella parte della Calabria confinata dai fiumi Gallico e Mètramo dai monti Ielo, Sagra, Caulone e dal Lido del Tirreno. Fu chiamato il terremoto della Piana perché il paese sotto gli ultimi Appennini si stendeva in pianura per 28 miglia e 18 in larghezza.
     Il terremoto durò cento secondi e fu sentito sino ad Otranto, Palermo, Lipari e le altre isole Eolie. Fu sentito poco nella Puglia, in Terra di Lavoro, a Napoli e negli Abruzzi.
     Sorgevano nella Piana centonove città e villaggi abitate da 166,000 persone delle quali perirono 32,000, per la maggior parte ricchi e nobili. La terra fu scossa in ogni maniera e in ogni direzione: verticale, oscillatoria, orizzontale, vorticosa, pulsante. Si verificarono cause opposte e diverse di rovina: una parte di città o di casa sprofondata, altra emersa: alberi ingoiati sino alle cime accanto ad alberi sbarbicati e capovolti, un monte aprirsi e precipitare mezzo a destra e mezzo a sinistra dell'antica positura e la cresta scomparsa, perdersi nel fondo della formata valle. Le colline si avvallarono, altre corsero in frana e i sovrapposti edifizi andarono con esse, più spesso rovinando, ma pur talvolta conservandosi illesi e non turbando nemmeno il sonno agli abitatori. I fiumi si adunarono in lago o si distesero in paludi o corsero, senz'argini a isterilire i campi. Mutarono tutte le antiche forme, svanirono i segni delle città, delle terre, delle strade e in un istante fu distrutto quanto era eterno come il mondo.