Raffaele Petrilli
La Muta all'assedio di Civitella del Tronto nell'anno 1861


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     Gli assalitori, vistisi scoperti, non per questo ristarono, ma gridando: — Avanti Savoia! — tra le palle che fioccavano, appoggiarono alle mura le scale, e si gettarono come iene tra le notturne tenebre a dar l'assalto al forte.
     Fra tutti si distingueva il nostro giovane sergente, che incoraggiava i soldati. Già sull'alba, si guadagnava le mura, ma una nebbia fitta s'era messa, sì che non si vedeva una mano innanzi l'altra.
     I borbonici saettavano gli assalitori con gli archibugi, le granate ed i colpi di cannone. In quel frastuono d'inferno una voce straziante grida: — Son morto! Una scheggia di bomba aveva colpito l'infelice sergente nel petto. Il sangue spicciò dalla larga ferita a fiotti, barcollò l'eroe, e mentre un soldato lo sosteneva per poco tra le braccia, egli chiamò più volte — Evangelina! Gridò ancora: — avanti! — e spirò....
     I soldati piemontesi, inviperiti da questa morte, danno più vigoroso l'assalto, e già sono per guadagnare l'erta, quando il generale fa suonare a raccolta.
     Era giorno chiaro quando il sole diradava la nebbia, e gli assalitori si sarebbero trovati allo scoperto contro i borbonici con loro immenso danno, giacché questi erano al riparo dietro le trincee.
     Evangelina attratta dall'insolito frastuono notturno, temendo sempre per la vita del suo caro, s'era inoltrata fra gli avamposti, che la lasciavano passare, perché conosciuta come la liberatrice della schiera piemontese.
     S'era inoltrata la meschinella, chi sa a che fare, lei, che non poteva parlare, né dire cosa alcuna al suo caro! E pur gli uccelli, che non hanno la parola, non si dicono mille cose amorose coi loro gorgheggi, mentre che cinguettano sugli alberi fronzuti? E però Evangelina andava in cerca del suo damo, per dirgli coi gesti e con le movenze della persona quant'ella lo amasse.