Giuseppe Savini
Ricordi della vita di Bernardo Savini


Pagina 52 di 56       

%


     Ed infatti, la mattina del 30 gennaio 1884, un anno appunto dopo la morte del fratello, egli levatosi al suo solito assai per tempo, accusò una gran debolezza e non volle far colazione e neppure, come soleva ogni giorno, uscire in carrozza; pure parlò con altri e con me, e mi ripeté vari avvisi. Poscia, crescendogli la debolezza, chiamò lui stesso il medico; ma questo non trovò nulla di grave e ritenne fosse uno dei soliti accessi nervosi. Ma qualche ora dopo la prostrazione delle forze crebbe tanto, che egli stesso ordinò che gli si facesse venire il curato. Però poco dopo perdette affatto i sensi, e la sua faccia si sconvolse in tal modo, che tutti credemmo morisse da un'ora all'altra. Accorsi vari medici, ritennero fosse una congestione cerebrale gravissima, e come tale sulle prime la curarono; ma egli dopo circa un'ora rinvenne, riparlò, e domandò lui stesso ai medici se quel che aveva avuto era stato un piccolo colpo apopletico. La sera istessa sopravvenne una febbre altissima, ma nei giorni seguenti la febbre cedette, ed egli stesso disse di star meglio.
     Frattanto sotto l'occhio destro si cominciarono ad avvertire un rossore ed un gonfiore che non furono in principio calcolati; invece il male stava lì, e quello svenimento che aveva avuto non era stato che una di quelle relaxationes spontaneae, che, secondo gli antichi medici, proximum morbum praenunciant. Quel gonfiore e quel rossore crebbero, si diffusero per tutto il viso, invasero l'interno della bocca, scesero nei polmoni, e diedero all'infermo delirii, smanie, agitazioni gravissime; insomma era una risipola cancrenosa della peggiore specie, che in un corpo scrofoloso, e debole per l'età e le malattie, doveva essere mortale.