Vincenzo Bindi
Gaetano Braga da' ricordi della sua vita


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     Teneva la scena da maestro; era nel suo campo eclettico come Lablache, perché ora vi faceva ridere ed ora piangere. Negli Avventurieri destava la più viva commozione quando si travestiva da prete. Uomo di gran cuore, ma di moralità elastica: tutta la sua fortuna passò in massima parte nella famiglia dell'amante, e non nella sua, compresi i miei Avventurieri, non avendo io alcun documento per provare che l'opera fosse di mia proprietà! Gli Avventurieri furono composti a Giulianova, dove negli anni 1866, 1867, 1868 io mi recai presso la mia famiglia. Le molte contrarietà cominciavano a scuotere i miei entusiasmi per la composizione teatrale; le mie opere non giravano; invece di guadagnare, perdevo tempo, quattrini e spesso trascuravo lo studio del violoncello, che mi aveva dato nel mondo un nome favorevole. Pure volli giocare l'ultima carta e dissi fra me: Se non riesco in questo, come desidero, non scriverò più per il teatro. Mi abboccai col poeta Ghislanzoni, per trattare un soggetto romano antico; e intanto mi misi meglio a studiare per rendermi padrone dell'evoluzione e de' progressi, che la musica andava facendo".
     “A Giulianova cominciai a comporre la nuova opera, che, su libretto di Ghislanzoni, fu intitolata Caligola: andò sulle scene nel teatro Reale di Lisbona ed ebbe grande successo; ma mentre si provava alla Scala di Milano, una sera che mi trovavo in un palco con Antonio Rubinstein, senza farmi illusioni, gli confidai ed esposi i miei timori. Dissi che la mia opera, che l'impresa mi ridusse a dare alla fine della stagione e con Pandolfini, che si rifiutò di cantare all'ultimo atto, non poteva avere che un successo di stima, e così fu: giurai che quella sarebbe stata la mia ultima opera".