Federico Adamoli
Lo Scudo d'Abruzzo. Tra storia e sport
fasti e documenti di una competizione di motociclismo
(1935-1961)


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     Era l'anno in cui ai giardini Delfico si udiva la scatola del suono – e – canto, l'odierno fonografo, all'Apollo, si proiettavano i films di Maciste e Lucy D'Albert imperava nei varietà della capitale. Finita la guerra si videro la Frera 350, la Sumbeam 500, la Triumph con i primi cambi di velocità e le frizioni a dischi (24 dischi metallici femmine e 24 dischi metallici maschi: sentimentale storia della motocicletta!).
     Poi la nostra moto divenne pian piano un normale mezzo di locomozione adatto al turismo rudimentale del tempo e fu acquistata da altri sportivi quali Pompetti, De Iovita, don Ciccio Grue, Cardellini ed Emidio Di Teodoro che restò fedele alla motocicletta per lunghi anni. Infine vennero i giovani della nuova generazione, la moto ebbe nuovi proseliti, nuovi appassionati quali i fratelli Pediconi, Alfonso, Giovanni Pressante, Angiolino Macozzi, fino alla Ancorine di De Santis, la Frera di Ezio Donzelli, Riziero Costantini, l'allora tenente Stella con la sua Zundapp e Garelli con la Garelli 350 cc. Tuttavia nel 1925 con la CD di Curzio Notari, la Roma di Fratalocchi e le Merlonghi di Cugnini, la moto segnò una data storica, ebbe nuovi appassionati come Mimì Pace, Ernesto Mancini, Brusiuccio Pompei, Enrico Ferri, Tonino Martino, i fratelli Palma, Tito De Albentis, i quali dopo rovinose cadute ed abbracci di alberi, appresero il magico uso della manetta del gas, dell'alzavalvola, dell'anticipo.
     Ora però, la motocicletta si metteva in moto facilmente non bisognava recarsi al culmine della ripida discesa di camposanto vecchio o di via Cadorna mentre in campo agonistico Nuvolari e Varzi rubavano la fama di Girardengo, di Binda, di Brunero e Belloni.