Federico Adamoli
Lo Scudo d'Abruzzo. Tra storia e sport
fasti e documenti di una competizione di motociclismo
(1935-1961)


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     Non si vietava l'arrivo del Giro d'Italia a Napoli. La città partenopea, pur privandola del lustro ha le sue attrattive abituali conosciute da tutti i cittadini del mondo. L'arrivo d'una tappa del Giro d'Italia a Napoli, non intacca l'attrattiva del paese. Se a Caracalla non si effettua la corsa automobilistica, Roma conserva inalterato il suo prestigio e indenne il suo primato. Vietare la disputa del Circuito del Castello e dello Scudo d'Abruzzo significa mutilare una cittadina senza discernimento alcuno. Una gara motociclistica non poneva minaccia all'incolumità pubblica.
     Le revoche delle autorizzazioni pongono la vita della città in una triste alternativa. Se per la incolumità pubblica vietiamo la corsetta di venti motociclette sport, è nostro dovere precisare che l'intelligenza media è piuttosto irrilevante.
     Non permettiamo lo Scudo d'Abruzzo, ma consentiamo con benignità che migliaia di autotreni guazzino sulle strade d'Italia seminando petali di rose in dispregio di tutti coloro che per circolare pagano le tasse e debbono difendersi dalle ruote e dai fari di codesti mezzi di trasporto.

1959. Torna lo Scudo d'Abruzzo

     La sospensione dello Scudo d'Abruzzo si accompagna ad un periodo di crisi finanziaria dello stesso Moto Club “Olga Petrella” – organizzatore delle ultime edizioni dello Scudo, dal quale traeva la linfa vitale – che è quindi costretto a ridimensionare sensibilmente la propria attività.
     Dopo i due anni di sospensione dello Scudo, che hanno costretto il sodalizio motoristico alla forzata inattività o a ripiegare su manifestazioni minori (gimkane, gare di regolarità, raduni) ritornano a Teramo le competizioni motoristiche. Il ricordo del tragico incidente della Mille Miglia e le polemiche sulla sicurezza spingono gli organizzatori teramani a prevedere un servizio d'ordine inflessibile nei confronti degli spettatori, ai quali non viene consentito con leggerezza la scelta del posto dal quale assistere alla corsa. E proprio in merito ai problemi legati alla sicurezza, a chiusura della settimana motoristica Il Messaggero sottolineava che “dopo due anni di letargo, la posta era troppo alta per consentire le usuali diavolerie di un pubblico eterogeneo sempre tardo a mettersi dietro le transenne o sulle tribune. Quelle piccole deroghe alle norme non ci sembrano si adattino ai nostri spettatori esuberanti e, generalmente, mobili o irrequieti”. (90)

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(90) Cfr. Il Messaggero del 14 giugno 1959.