Salvatore Muzzi
Mio padre e mio nonno


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     Affidati i figli suoi al Minarelli e aprendosi l'Orfanotrofio di san Bartolomeo di Reno volgendo l'anno 1825 il Muzzi potè avervi onorevole posto di maestro; e fu a que' giovani convittori più che maestro padre tanto gli amava di operosa affezione e tanto n'era riamato! Ivi durò non pochi anni nell'insegnamento ed ebbe la buona ventura di veder crescere prosperamente tutti tutti quegli alunni: fra' quali basteranno i nomi de' tre medici e chirurghi valentissimi Massarenti Bertolazzi Zanini; del sacerdote Giuseppe Favelli dell'avvocato Francesco Costa del pubblico impiegato Giulio Dal Pane. — Che a tant'altezza siano dessi saliti non merito del lor maestro elementare ma che siano riusciti uomini egregi ed integerrimi non poca lode si deve al Muzzi che sempremai gli ammoniva a tener la via della virtù a porgersi buoni schiettamente ad essere cristiani di nome e di opere. Né le sue parole potevano mai tornar vane sì perché dette con quell'espansione di animo che induce prova di sincerità in chi parla sì perché la vita e l'esempio di lui rispondevano pienamente a que' morali precetti che veniva insinuando. Uomo d'antica tempera non andava in ornamenti di frasi ma dava efficacia a ciò ch'esprimeva più per l'intrinseco del precetto che per la forma dell'esposizione; laonde chi lo udiva restava persuaso di quel suo modo reciso di quel suo parlare per similitudine e per parabola che valeva quanto l'eloquenza accademica o le mille distinzioni fìlosofiche.
     E se tanto fu come maestro non è a dire qual egli fosse marito e padre. La sua bontà patriarcale gli guadagnò per tal modo il cuor della moglie e de' figliuoli che la sua parola scendeva in essi autorevole quantunque espressa benignamente; il suo desiderio aveva forza di precetto la sua volontà di comandamento religioso. Ei vide crescere sotto i suoi occhi e moltiplicarsi la famiglia; vide le mogli de' due figliuoli maggiori amarlo ed onorarlo; vide ad un tempo nove nipoti gareggiar di carezze verso di lui e fargli cerchio e corona. Ed oh! foss'egli vivuto più a lungo per vederli in maggior età a compimento di studii allogati accasati. Tanto non vide! Perdette il 30 di gennaio 1855 la benamata consorte e se ne dolse profondamente nell'animo ma senza smanie ma rassegnato. Le gioie espandeva negli altri i dolori concentrava in sé: rara virtù! — Dopo quel tempo logoro dall'età e dalla fatica dell'insegnamento diede l'addio alle scuole del Minarelli dov'era tornato nell'ultimo stadio della vita e riposò. Breve riposo! perocché una tosse catarrale davagli travaglio l'un dì più che l'altro ed aggravavagli il petto e il respiro. E giunto poi il rigidissimo inverno del 1857 sentissi oppresso di cotal guisa che ne desiderava la fine e chiamava la primavera a ristorarlo di forze. Indarno! Il 24 gennaio 1858 (giorno di domenica) recavasi alla chiesa ed assisteva ai divini uffizi; la notte appresso provava tale una oppressione di petto che mai la maggiore. All'alba era fortificato degli estremi sacramenti e poco oltre le sette del mattino placidamente spirava assistito dal suo confessore e cinto il letto dai quattro figli superstiti da una figliuola dalle due nuore dal maggiore de' nipoti tutti in lagrime diffusi.