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Indice del numero speciale dedicato a Primo Riccitelli nel decennale della morte

Il primo passo di una grande operista
Maria sul monte in una lontana cronaca di Guido M. Gatti

Milano, luglio 1916
Ultimo fiore di una stagione lirica, sorta e vissuta non indegnamente al Teatro Carano, è venuta questa "Maria sul monte" di Primo Riccitelli; la quale ha ottenuto un vivissimo spontaneo successo a ciascuna delle due rappresentazioni.
Il maestro Riccitelli è un giovane abruzzese che ha studiato a Pesaro sotto la guida di Pietro Mascagni, ed ha composto la musica di quest'opera circa dieci anni or sono. Due dati di fatto che sono stati presi in ben differente considerazione: il primo ha formato quasi l'unica base di ogni giudizio sul lavoro: il secondo è stato dimenticato quasi del tutto.
Poichè il Riccitelli veniva incontro a noi sotto l'aureola della fama del suo Maestro s'è voluta vedere la derivazione mascagnana in ogni pagina (che dico, in ogni battuta dello spartito), costretto nella falange dei mascagnani, gente, come si sa, che del maestro ha imitato tutta la parte più enfatica, senza avere mai una di quelle scintille di genialità che irraggiano a spruzzi le opere dell'autore di "Cavalleria".
Invece s'è voluto dimenticare che la musica di "Maria sul monte" venne scritta quasi tutta una diecina d'anni or sono; e che quindi non può affatto portare segni di "Isabeau" e di "Parisina" scritte, come ognuno sa, molti anni dopo. Inoltre si deve tener conto di questa data per giudicare l'opera, anche dal punti di vista esclusivamente musicale, sia nei riguardi dell'età dell'autore d'allora, sia nei riguardi dell'epoca in cui venne scritta.
Premesso ciò, diremo che l'opera del maestro Riccitelli è degna di essere considerata con simpatia, per la spontaneità e per la sincerità onde n'è informata la ispirazione. L'opera procede compatta, serrata, convincente.
Il Riccitelli ha saputo dar prova di nobiltà di sentire e di buon gusto: ed in alcune pagine, in cui ha potuto sferrarsi dalle pastoie del libretto, la sua ispirazione fresca ci ha dato sensazioni di bella composizione. Ad esempio nel dolce canto di Maria: "Su per l'erta vetta montana, salmodiando andavano i fedeli", su di un mormorare di doppie terzine; e nel drammatico racconto della visione, cantato da Angion nel primo atto. Altre pagine brillano per vivezza e per brio: quali quelle che il coro canta per spingere il cantastorie a dire la canzone della boscaiola, che terminano quasi in ridda vorticosa, e le sopraggiungenti serene voci della processione che attraversa la scena, cantando le laudi della Vergine Addolorata.
Musicalmente egli s'è dimostrato inoltre agguerrito e consapevole dei mezzi d'espressione: i cori - complessi e di difficile esecuzione - del primo atto raggiungono felici effetti di polifonia vocale; e l'orchestra viene pur trattata con sobrietà e con eleganza. Qua e là notammo coloriti e tonalità pieni di sapore; e pure nel breve intermezzo, che non pretende tuttavia d'essere affatto una pagina sinfonica. Ed in ciò è forse la più evidente derivazione mascagnana del musicista teramano. (Però il Riccitelli ha scritto anche musica non teatrale, e presto potremmo giudicarlo anche sotto questo nuovo aspetto).
Nonostante qualche deficienza di esecuzione, l'opera piacque assai al pubblico, il quale chiamò e richiamò ripetutamente il Riccitelli agli onori della ribalta per dimostrargli la sua simpatia; e il lavoro si replica ancora. Noi ci associamo di buon grado al giudizio del pubblico: e attendiamo Primo Riccitelli a novelle prove che vogliamo sperare ci riconfermeranno il suo valore, ponendo in maggior rilievo le sue belle e vive doti di musicista.
Guido M. Gatti