Guido Bindi
Gli Eroi de la Montagna

     DI CARLANTONIO CIRO di Silvestre, soldato nel 214° Fanteria, 5a Compagnia.
     Nacque il 27 novembre 1896. Giovane, buono, di costumi illibati, educato alla scuola del dovere, imparò il mestiere di ebanista in Atri, presso quell'artista che è Gaetano Illuminati.
     Io lo ricordo sempre come nella Pasqua del '15, quando pure nel nostro paesello soffiava l'aura calda d'entusiasmo per la guerra di liberazione. Era allora fiorente e nucleo di patriottismo il Circolo giovanile «Cola di Rienzo» che raccoglieva attorno alla sua bandiera tricolore la parte migliore del paese, giovani lavoratori del braccio e studenti. Pietracamela si vanta di aver dato i natali a Cola di Rienzo. In seno al Circolo si era pure formata una compagnia filodrammatica, e nel teatrino si dava allora una mia commediola «Antichi eroi» che rievocava la figura di Cola, destando vìvo entusiasmo patriottico.
     Il martedì dopo Pasqua si organizzò una gita campestre per festeggiare il «martedì delle frittate».
     Si andò in tanti con la bandiera sul monte detto «le piane», uno splendido altipiano donde lontano si scorge ad oriente, come una promessa, una piccola striscia dell'Adriatico! Ciro era il nostro vessillifero: chi meglio poteva avere il diritto di portare il tricolore? Come era contento quel giorno! Eravamo tutti allegri nel sorriso della giovinezza: i più contenti erano i futuri soldati, e più ancora coloro che sarebbero partiti per non più tornare. Erano con noi Matteo Giardetti, Enrico Colonna che miseramente doveva finire in un momento di sconforto, forse, vinto dalla nostalgia per questa montagna lontana, Egisto Franchi che doveva tornare per morire nella sua terra.
     Ciro non ancora ventenne partì per le armi il 7 dicembre 1915, con gli altri compagni, senza pianto. Era un manipolo d'eroi: Manlio Bindi che fu ferito da quattordici schegge e perdette un occhio sull'altipiano; Giuseppe Narducci, Luca De Luca che fu ferito il 19 giugno 1918 nel basso Piave; Fortunato Sabatini che fu prigioniero in Germania e si ritrovò nella zona di Verdun, condottovi a lavorare sotto il fuoco del barbaro tedesco; Frimo Di Nardo che fu pure prigioniero e nella prigionia si ammalò di tubercolosi polmonare e morì ad Intermesoli.
     Ebbero pochi mesi di istruzione e furono incorporati nel 214° Fanteria della Brigata Arno di nuova formazione e inviati in Albania nel marzo 1916.
     Per la controffensiva alla «Strafe-expedition» la brigata Arno torna in Italia: «Dall'Albania, scriveva il nostro Ciro, sono qua sul Trentino, dove il cannone tuona notte e giorno e la fucileria nemica spesso si fa sentire. Io e i miei paesani siamo contenti di compiere il noòtro dovere di cittadini e soldati italiani». (24 giugno 1916)
     Il 29 giugno 1916 scrisse la sua ultima cartolina: lo stesso giorno cadde colpito al petto a Camporovere a qualche chilometro da Asiago riconquistata.
     Il cappellano militare del Reggimento scriveva allo zio rev.do Egidio Di Carlantonio: «Vennero a chiamarmi e quando io arrivai era per spirare. Ebbe l'Estrema Unzione e le preci ultime».
     Il Comandante della Compagnia così scriveva in data 28 luglio 1916:
     «Sull'estremo limite dell'altipiano di Asiago, mentre la sua Compagnia accorreva a rinforzare le linee nostre incalzanti il nemico colla baionetta alle reni, cadeva colpito dall'improvviso falciare di una mitragliatrice il suo Ciro. Reduce dall'aspro combattimento in cui il reggimento si trovò impegnato il giorno 17 giugno, ove Ciro si era portato da buon italiano e da ottimo soldato, entusiasta seguiva l'avanzata dei nostri inseguenti l'odiato nemico verso il violato confine. Altro non posso dirle che il suo Ciro fu sempre tale da meritarsi le lodi e l'ammirazione dei superiori».