Wu Cheng'en
VIAGGIO IN OCCIDENTE


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     Accademici e cortigiani applaudirono: "Questo divino monaco, che gran medico!" E non finivano più di lodarlo.
     "Ora che avete diagnosticato il male" chiesero gli accademici, "quale terapia contate di applicare?"
     "Non compilerò una ricetta, ma doserò gli ingredienti quando li avrò tutti davanti."
     "Secondo i trattati, la farmacopea comprende ottocento sapori; mentre la patologia comprende quattrocento morbi. Non avrebbe senso utilizzare tutti i farmaci; tanto più che lo stesso malato non può essere afflitto da tutti i morbi nello stesso tempo. Come pensate di fare?"
     "Dicevano gli antichi: non badare alle ricette, scegli il rimedio secondo il caso. Farò come ho detto: mi occorrono tutti i farmaci, e io li doserò secondo il caso."
     I medici rinunciarono a discutere e mandarono gli uscieri da tutti gli erboristi e farmacisti della città, per raccogliere tutti i farmaci possibili e metterli a disposizione del Novizio.

     "Questo non è il posto adatto per fabbricare medicine" disse Scimmiotto. "Fatemi portare i farmaci e gli utensili per manipolarli alla Pubblica Casa di Ritrovo; potranno essere consegnati ai miei condiscepoli."
     I medici reali ubbidirono e fecero consegnare in albergo tre libbre di ciascuno degli ottocento sapori della farmacopea, con aggiunta di mortai, pestelli, mattarelli, setacci, imbuti, colini e altri attrezzi del genere; ogni articolo fu esaminato e inventariato in un registro.
     Quando il maestro si disponeva a ritornare in albergo con Scimmiotto, giunse l'ordine reale di farlo pernottare nel Padiglione Splendore della Cultura, e di tenervelo finché il re non avesse tratto beneficio dai rimedi che gli sarebbero stati somministrati. Sua maestà, non appena ristabilito, intendeva infatti ringraziarlo, vistare il suo passaporto e accompagnarlo.


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