Wu Cheng'en
VIAGGIO IN OCCIDENTE


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     I mostri lo ascoltavano con gli occhi fuori dalla testa: non ce n'era uno che non si sentisse le gambe molli.
     Scimmiotto continuava: "Cari miei, della carne di quel monaco a noi non ne toccherà nemmeno un brandello. Perché dobbiamo correre tutti i rischi di questa sporca faccenda, senza averne nessun vantaggio? Il buon senso suggerisce che ce la squagliamo prima che sia troppo tardi."
     "Non hai mica torto. Ragazzi, salviamo la pelle, filiamocela!" approvarono tutti i mostri.
     Certo, se fossero stati un'armata di gente del paese, dotata di senso del dovere, avrebbero preferito morire sul posto piuttosto che darsi alla fuga. Ma non erano che spiriti di bestie varie della montagna: lupi, tigri, leopardi, quadrupedi e volatili. Così il panico corse tra le file, e in breve tutti scapparono a gambe levate nelle quattro direzioni. Avvenne un po' come quando i soldati di Liu Bang intonarono le canzoni del paese di Chu e i loro ottomila avversari, che erano appunto di quel paese, credettero di essere traditi dai compaesani e si diedero alla fuga.

     "Mica male!" si disse Scimmiotto, tutto allegro. "I tre diavoli sono nelle mie mani. Questa gente, anche se tornasse a raccogliersi, farà fatica a guardarmi in faccia, dopo essere fuggita al solo suono della mia voce. Comunque sarà prudente che io resti coerente ed entri nella grotta a raccontare le stesse cose: altrimenti, basterebbero un mostriciattolo o due che mi smentissero per rivelare tutta la manfrina."
     E si fece temerariamente avanti.
     Ma voi certo non sapete come andò il suo incontro con i marescialli diavoli: dunque ascoltate il seguito!


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