Federico Adamoli
EROI TERAMANI. ALCUNI ATTI DI CORAGGIO TRA '800 E '900


Pagina 32
1-5- 10-15- 20-25- 30-35- 40

[Indice]

     Un anno dopo il dott. Petrilli, per lo stesso caso, ripresentò l'identica attestazione alla Prefettura di Teramo, la quale però si manifestò di avviso contrario, ritenendo che l'atto compiuto non costituisse un titolo tale da meritare in ricompensa la distinzione al valor civile. Il Prefetto relazionò al competente ministero dell'interno, che rispose anch'esso di non riscontrare nell'atto del Petrilli "gli estremi prescritti dal Regio decreto 30 aprile 1851". L'amor proprio del Petrilli, oltre alla scarsa conoscenza delle disposizioni di legge, lo spinsero a compiere inutilmente ulteriori tentativi: nel luglio 1902, a ben cinque anni dall'accaduto, egli trovò ancora il modo di farsi presentare e raccomandare, per la "cosa a lui interessante", dal deputato Cerulli al Prefetto di Teramo Carlo Tivaroni.

     Il fatto. Il dottor Petrilli nell'agosto 1897, mentre procedeva con la propria carrozza sulla strada provinciale Teramo-Montorio, in prossimità della salita detta della Gattiglia, s'imbattè, urtandola, nella carrozza che portava Pasquale ed Orazio Romani, che ribaltandosi si rovesciò su di un lato. L'esito del ribaltamento avvenuto in aperta campagna fu drammatico, e Pasquale Romani vi lasciò la propria vita, mentre Orazio rimase ferito. Il dottor Petrilli si fermò, constatò la morte del primo e prestò le prime cure al secondo, compiendo in sostanza il proprio dovere di medico e cittadino coscienzioso. Nulla più, come il Prefetto riferì al Ministero: "non ricorre proprio il caso di conferire la distinzione al valor civile. Se pure il dott. Petrilli, per l'urto delle due carrozze, avesse corso pericolo di restare gravemente ferito, questo si sarebbe dovuto ascrivere alla eventualità di quello stesso caso, pel quale invece egli rimase incolume, e di ciò dovrebbe ringraziarne la sua buona ventura. Il fatto, poi che egli, essendo rimasto nel pieno esercizio delle sue facoltà fisiche ed intellettuali, si fosse adoperato per prestare assistenza al ferito superstite, non decampa dai limiti dello stretto suo dovere morale di cittadino e di sanitario in ispecie, poiché è da ritenersi sempre che sia passibile di sanzione penale chi sfugge all'esercizio del proprio ministero quando la necessità ve lo richiami per la deficienza, la lontananza e l'impossibilità di qualsiasi altro aiuto. Io convengo adunque che l'atto del Dott. Petrilli sia degno di lode, come lo è chiunque disimpegni il proprio dovere, e che egli possa tenersi pago della sua coscienza serena per il bene prodigato, nonché della considerazione in cui per tal bene lo si è tenuto e si ritiene tuttora".


[Pagina Precedente] - [Indice] - [Pagina Successiva]