Vincenzo Bindi
Gaetano Braga da' ricordi della sua vita


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     Io, senza tener conto dell'insulto, col più bel sorriso del mondo, gli risposi: 'Monsieur, il s'agit de bien autre chose: vous devez faire une bonne action et gagner de l'argent. Je vous achète le doublé de ce que vous avez dépensé pour ce couvercle'. Metto 6 franchi sul banco, e col mio cappello in mano e con quel coso in testa entro trionfante dalle mie operaie, che v'innestarono le spiche, le penne e il resto fra i buchini dei fili di ferro. Il giorno dopo, Gustavo Dorè volle vedermi nel costume dal capo a' piedi e trovò tutto bellissimo".
     “Intanto la festa della Pereire si avvicinava. Delacroix, Dorè, Danton ed io eravamo pronti con i nostri costumi: a mezzanotte dovevamo tutti insieme fare l'entrata nel ballo. Danton alle ore 11 doveva trovarsi in costume in casa di Delacroix; io dovevo pranzare con lui e poi vestirmi. A pranzo Dorè ed io alzammo troppo il gomito; bevemmo noi due soli una grossa bottiglia di champagne dopo il vino da pasto! Ci mettemmo barcollando in carrozza e Dorè gridò al cocchiere di andare al n° 2 della Chaussée d' Antin, dove Rossini abitava. Mezzo ubbriachi, irrompemmo nella camera da letto di Rossini e trovammo il maestro solo, che stava preludiando sul pianoforte. Egli dette in una grande risata vedendoci in quei costumi, e più rise per l'acconciatura della mia testa. Dorè aveva una bellissima voce di tenore e varie volte aveva cantato il terzetto del Guglielmo Tell, opera a lui prediletta.
     Domandai al maestro se accettava di accompagnarlo, facendo lui la parte di Guglielmo, io quella di Walter e Dorè quella di Arnaldo, e Rossini acconsentì con piacere. Io mi levo quella torre di spiche che avevo sul capo e la metto in testa a Rossini, che felice d'immischiarsi nella nostra baldoria, accompagnava, cantava, dirigeva comicamente. Il terzetto cominciò splendidamente, perché Dorè lo cantò benissimo; ma sia il vino che il costume, quando fummo verso la fine dell'insieme dell'adagio, dove è quella bella esplosione di dolore, proprio dove il tenore con tutta forza deve ribattere i tre sì acuti, Doré fece invece una formidabile stecca, e Rossini ed io, ridendo sgangheratamente, cessammo di cantare. Doré voleva ridere, ma, poverino, quasi piangeva, e alla fine, gridando, ci mettemmo a saltare davanti a Rossini, che ci cacciò di casa, temendo che il nostro fracasso lo eccitasse al punto di non farlo dormire”.