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r.d.r., Alla vigilia della prima di "Madonna Oretta" Riccitelli parla della sua opera.
Ne "Il Giornale d'Italia", 2 febbraio 1932.


Primo Riccitelli, il singolare musicista, che, dopo una serie di peripezie (tutta la sua vita è una peripezia), potè far risplendere le sue virtù di geniale operista con i fortunati (ma non troppo) Compagnacci, riesce a tentare un'altra battaglia, tra pochi giorni con un'altra commedia lirica, questa volta in tre atti, Madonna Oretta. Il testo è dell'infaticabile teatralista Giovacchino Forzano che ha trasferito dalla prosa alla musica la sua omonima e celebre commeida. Il passaggio, a giudicarlo dal libretto, è a tutto vantaggio di quest'ultimo e della commedia stessa.
La musicalità e la musicabilità ci sembrano veramente spontanee ed adattissime. Ma di ciò diremo a suo tempo, anzi presto, perchè Madonna Oretta andrà in iscena al "Teatro Reale" fra un paio di giorni. Nè avremo bisogno di raccontare ai lettori, che ne ricordano la briosissima interpretazione di Dina Galli, l'intreccio della commedia. Tutto si riduce ad un pezzo di broccato (anche l'Otello fa scorrere sangue per un minuscolo fazzoletto). Madonna Oretta, proprietaria di un negozio di stoffe, lo voleva tenere per sè il broccato; il conte di San Gemignano lo voleva invece acquistare per la sua onesta Genovieffa. Allora Madonna Oretta, travestita da uomo, dimostra la facile infedeltà di Genoveffa, che il conte, naturalmente, pianta in asso e s'innamora di Madonna Oretta; ciò che questa si proponeva.
- Com'è che hai scelto - ed hai scelto bene - questo argomento? - chiesi a Riccitelli che incontrai, tutto acceso in volto, dopo una baruffa in teatro durante le prove. Le baruffe in teatro, anche le più atroci, nascono e si spengono in un istante.
Mi rispose, con la caratteristica e tenace eloquenza del villaggio teramano di Cognoli:

Le vicende editoriali
- Dopo il successo dei Compagnacci dell'aprile del 1923, Walter Mocchi ed Emma Carelli m'impegnarono subito per una nuova opera. Essi erano gli esponenti del Teatro Lirico, ed avevano in animo colossali progetti. Mi misero nuovamente in rapporto con Forzano il quale m'onora di particolari simpatie, e decidemmo di comune accordo, per Madonna Oretta
Forzano, con mia grande sorpresa, perchè conosco l'uomo, mi consegnò subito il primo atto del libretto, che io mi accinsi anche subito a porre in musica. Poi, cominciarono le soste, le intermittenze, le attese. Io lavorai, secondo il mio solito, di getto, ma non potei consegnare il lavoro compiuto se non alla fine del 1927. Lo consegnai alla Casa Sonzogno, poichè il Mocchi ad essa l'aveva ceduto, nel mentre che la Società del Teatro Lirico andava in liquidazione.
Per mia sciagura trascorsero molti anni inutilmente. Sonzogno, per alcune controversie giuridiche non lo pose in istampa se non nel 1930. Questo ritardo, certamente involontario, mi ha assai nociuto, facendomi perdere, tra le altre, l'occasione di rappresentare Madonna Oretta alla "Scala", nella stagione 1928-29, com'era intenzione dell'ing. Scandiani. Ma mi rassegnai - malgrado le imperiose necessità della vita - essendo mio intimo ed acceso desiderio di chiedere il battesimo nuovamente al pubblico romano, che con tanto entusiasmo aveva accolto i Compagnacci. Ho dovuto penare un bel po' ma finalmente il mio sogno si è realizzato, o meglio si realizzerà tra due giorni.
- Ma la tua opera non comparve, l'anno scorso, sul cartellone del "San Carlo" di Napoli?
- già, ma non era di obbligo e le circostanze non permisero la rappresentazione.
- Eppure, l'on. Barattolo - interruppi io - voleva fare una scommessa con me, assicurandomi che l'avrebbe rappresentata...
- Avresti vinta la scommessa.
- Peccato ch'io abbia creduto alla parola del simpatico onorevole. Ma procediamo e dammi qualche informazione dettagliata dell'opera.

Il carattere dell'opera
- Non saprei cosa dire. L'ho già dimenticata. La commedia è scorrevole, rapida, varia, e l'ho concepita sempre melodicamente e ritmicamente. Ogni personaggio ha il suo tema, come nei Compagnacci, più ritmico che melodico, e questo tema torna e non torna, si trasforma e non si trasforma, secondo i momenti: nessun obbligo, nessuna legge, tutto spontaneo.
Il secondo atto è più lirico del primo e si basa sul duetto tra Oretta e Genovieffa, un falso duello d'amore, che alcune volte si abbandona e vuol sembrare vero. E' assai svolto, composto di vari fasi, e si riassume nel finale.
Il terzo atto contempera l'elemento comico del primo e il sentimentale del secondo. Si chiude con un vero duetto d'amore che ritengo molto appassionato ed ardente. Vuol dire che il pubblico (alla critica annetto, e scusami, una importanza relativa) mi darà ragione o torto.
- E il recitarlo, tanto importante nel genere comico come l'hai trattato?
- Con immensa semplicità e con naturalezza di accentuazione. Spessissimo, per la precisa e indispensabile comprensione della parola, lo lascio scoperto, senza cioè intervento della orchestra.
- All'antica?
- All'antica o alla moderna non so; quando compongo non ho programmi o preconcetti.
- Ma avrai un sistema, una tendenza, un autore prediletto...
- Nulla di tutto ciò. Non posseggo alcun libro di musica e neppure il pianoforte. Di solito penso la notte, al mattino prendo appunti, quando mi levo siedo al tavolino (che potrebbe essere anche quello d'un caffè) scrivo direttamente in partitura. Una sola cosa m'ispira, s'intende i personaggi e le situazioni: la fedelissima sigaretta.

Come Guadagnoli
- Perchè tu, e scusami, che non sei un fortunato, ti compiaci di commedie allegre?
- Faccio come Guadagnoli: le pene mi procurano sorrisi. Non amo e non sento il dramma, e voglio, con le mie modeste risorse, divertire il pubblico. Altri lo scocciano, io lo voglio sollevare e distrarre dalle sofferenze quotidiane.
- Sei contento dell'esecuzione che ti prepara il Teatro Reale?
- Contentissimo. Il maestro Santini ha concertato l'oper con molta diligenza, con amorevolezza fraterna, con la convinzione del successo... Si diverte, è tutto dire, egli stesso.
- E gl'interpreti?
- Uno meglio dell'altro.
- Tutto bene allora: in bocca al lupo.

r.d.r.