"Maestro" gridò il Novizio, "sveglia, si fa giorno!"
"Vedo, vedo" rispose Tripitaka girandosi dall'altra parte; ma dopo qualche altro appello si svegliò.
Quando si fu vestito e aprì la porta, non si trovò davanti che pochi mozziconi di muri.
"Dove sono gli edifici e le torri? Come mai non si vedono che questi muretti calcinati?"
"Non vi siete ancora svegliato bene. Il fatto è che qui, stanotte, c'è stato un incendio."
"Come mai non ne so niente?"
"Dormivate, non vi ho voluto disturbare. D'altronde la sala era protetta."
"Se potevi proteggere la sala, perché non hai protetto anche il resto?"
Scimmiotto si mise a ridere: "Ve lo devo spiegare, maestro: come dicevate voi, questa gente si è effettivamente innamorata del kasâya, e per averlo contavano di bruciarci vivi. Se non me ne fossi accorto, a quest'ora saremmo ridotti in cenere."
"Vuoi dire che l'incendio è stato attizzato da loro?" chiese Tripitaka allarmato.
"E da chi altri?"
"Non ci sarà sotto qualche tuo maneggio, per vendicarti che non ti trattavano con riguardo?"
"Sarei forse un vagabondo capace di far cose simili? Il fuoco l'han messo loro, ve lo assicuro. Semmai, quando mi sono accorto che erano malintenzionati, non li ho aiutati a spegnerlo e ci ho soffiato sopra un pochino di vento."
"Santo cielo, contro il fuoco si usa l'acqua, non il vento!"
"Conoscerete il proverbio: la tigre non aggredisce l'uomo che non vuol farle del male. Se non avessero acceso l'incendio, io non avrei fatto soffiare il vento."
"E adesso il kasâya dov'è? Non sarà mica bruciato!"
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