Wu Cheng'en
VIAGGIO IN OCCIDENTE


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     "No, no: la cella in cui era la veste non si è incendiata."
     "Sarebbe tanto peggio per te!" esclamò Tripitaka esasperato. "Se è successo qualcosa al mio kasâya, per poco che sia, recito l'incantesimo e ti ammazzo."
     "Fermo, fermo, maestro!" gridò il Novizio spaventato. "Ve la riporto, la vostra veste, aspettate che vada a cercarla. Così ci rimettiamo in viaggio."
     Tripitaka prese la briglia del cavallo e Scimmiotto tirò su i bagagli. Uscirono dalla sala di meditazione per recarsi alla cella del patriarca.
     I monaci in preda ai lamenti videro emergere dalle rovine e venire verso di loro il maestro, che conduceva il cavallo, e il discepolo con le sacche. Sul punto di venir meno dal terrore, urlavano: "I fantasmi! Le anime in pena vengono a vendicarsi!"

     "Ma quali anime in pena!" gridò loro Scimmiotto. "Forza, tirate fuori il kasâya!"
     I monaci caddero in ginocchio e si prosternarono: "Ogni misfatto ha il suo colpevole, come ogni debito il suo creditore. Le vostre signorie non devono chieder conto a noi delle loro vite; noi non c'entriamo. È tutto un intrigo del patriarca e di Vasto Progetto. Non chiedeteci le nostre vite."
     "Dannate bestie" gridò Scimmiotto. "Che ce ne facciamo delle vostre vite? Datemi il kasâya, che ce ne andiamo."
     "Signori!" risposero due monaci più coraggiosi degli altri. "Voi siete morti bruciati nella sala di meditazione, non è vero? Ma se reclamate il vestito - siete dei vivi o dei fantasmi?"
     "Che banda di bestiacce viziose!" esclamò Scimmiotto ridendo. "Là il fuoco non è arrivato. Andate a vedere e sappiatemi dire."


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