I due mostriciattoli si prosternarono, presero i tesori e partirono alla cattura di Scimmiotto.
Il grande santo prigioniero sotto le montagne, trovandosi nelle avversità, pensava intensamente al santo monaco Tripitaka e gridava: "Maestro, ricordo quando arrivaste al Monte delle Due Frontiere e mi liberaste da una prova terribile, togliendo il sigillo della mia prigione. Fu allora che abbracciai la dottrina dei monaci del Buddha. Per grazia di Guanyin ho ricevuto la pia consegna di accompagnarvi e di apprendere i vostri insegnamenti, di condividere la vostra sorte e la vostra sapienza. Quale avversità ha potuto ridurmi a questo punto, schiacciato sotto tre montagne? Pietà! Non sarete per caso destinato a morire? Ma perché dovrebbero essere coinvolti Sabbioso, Porcellino e il giovane drago mutato in cavallo? È il caso di dirlo:
Pianta che ingigantisce attira il fulmine,
Uomo che acquista fama ne perisce."
E sospirava e piangeva. Ma non trascurò di convocare gli dèi delle montagne, la divinità locale e i rivelatori dei cinque orienti. Tutti costoro confabularono con Testa d'Oro, che chiese: "Chi si occupa di queste montagne?"
"Ce ne occupiamo noi" risposero gli dèi.
"Sapete chi sta incastrato là sotto?"
"Non lo sappiamo."
"Dunque non lo sapete. Ebbene, è il Grande Santo Uguale al Cielo, quello dei disordini nel palazzo celeste di cinquecento anni fa, Scimmiotto il Novizio; adesso si è convertito e fa il discepolo del monaco cinese. Che cosa vi è venuto in mente di mettere le vostre montagne a disposizione del mostro per schiacciarlo? Non darei un soldo per la vostra pelle. Quando uscirà, credete che ve la farà passare liscia? Se proprio fosse in vena di indulgenza, potrebbe accontentarsi di fare di voi dei nettacessi in qualche locanda; e anche noi passeremo i nostri guai."
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