Lo bevo e mi rallegro. Sul glauco sentiero
Nell'autunno avanzato poso il capo sul ceppo
Del pino per dormire. Quando all'alba mi sveglio
Riconosco ogni fronda. Mi arrampico sul monte,
Scure alla mano, e taglio liane secche.
Porto il ruvido carico al mercato vicino
Lo scambio con tre litri di riso o di granaglie.
Questo è il prezzo corrente. Io non so calcolare
Né intrigare. Non servo e non sono servito.
Perdura la mia vita nella tranquillità.
Solo incontro talvolta gli immortali:
Espongono gli arcani della Corte Gialla."
Le parole della canzone riempirono di gioia il re scimmia, che si disse:
"Ci sono dunque immortali nascosti da queste parti."
Balzò subito avanti nella foresta e, osservando con attenzione, scoprì un boscaiolo che alzava l'ascia per tagliare un albero. Com'era conciato!
In testa un cappello di foglie fresche di bambù. Sul dorso una tunica di tela leggera, tessuta con cotone locale. Alla vita una cintura di una strana seta, sputata da qualche vecchio bruco del bosco. Ai piedi sandali di paglia legati con foglie di carice arrotolate. Teneva in mano un'ascia di acciaio fino, fissata al manico da una corda di canapa. Chi meglio di questo boscaiolo saprebbe spezzare alberi morti e abbattere pini?
Il re scimmia si avvicinò per interpellarlo:
"Salute, venerabile immortale! Il vostro discepolo giunge le mani!"
Sorpreso da lasciar cadere l'ascia, il boscaiolo si volse per rendere il saluto:
"Sono un pover'uomo che fatica a nutrirsi e vestirsi. Come oserei lasciarmi trattare da immortale?"
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