Wu Cheng'en
VIAGGIO IN OCCIDENTE


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     I monaci si alzarono e andarono a vedere nella parte anteriore del monastero: nella sala, sulle porte e sulle finestre non c'era la minima traccia di bruciatura. Stupefatti, riconobbero finalmente in Tripitaka una qualche specie di monaco divino, e nel suo discepolo un protettore della legge. Ritornarono a prosternarsi: "Dovevamo essere ciechi per non riconoscere in voi dei perfetti scesi sulla terra. Il vostro kasâya è là dietro, dal patriarca."
     Tripitaka oltrepassò sospirando tre o quattro file di resti fumanti di muri, prima di raggiungere la residenza del patriarca, che in effetti era indenne. I monaci sgomitavano per farsi avanti ad annunciare: "Nonno, il monaco cinese è un dio! Non è bruciato. Al contrario, ci abbiamo rimesso noi. Restituitegli subito la sua veste!"

     Il vecchio monaco era tutto afflitto e pieno delle più nere inquietudini: il monastero era bruciato, e il kasâya era scomparso. Non sapeva più che cosa fare, per quanto rimuginasse non vedeva via d'uscita. Con la schiena piegata in due, ecco che si slanciò di corsa con la testa contro il muro e se la fracassò, spargendo a terra sangue e cervella mentre le sue anime lo abbandonavano. Rese l'ultimo respiro e giacque nel suo sangue. Lo attestano i versi:

     Ebbe quest'uomo una sorte pietosa,
     Pur raggiungendo un'età veneranda.
     Voleva impadronirsi della veste
     A costo di coprirsi di vergogna.
     Chi si comporta senza alcuno scrupolo
     Incontra prima o poi la sua disfatta.
     A che valgon gli astuti stratagemmi?
     Alla lunga gli inganni non ti premiano.


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