Wu Cheng'en
VIAGGIO IN OCCIDENTE


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     Foresta fitta e cupa.
     La porta è circondata
     Di pini e di cipressi.
     Per entrar si attraversa
     La tavola di legno.
     Ovunque cresce il glicine.
     Gli uccellini amoreggiano
     Sui grandi alberi intorno.
     La brezza è profumata.
     Sul salice cinguetta
     Il rigogolo; vola
     La farfalla fra i peschi.
     Questo è un luogo selvaggio,
     Ma val bene un giardino!

     Scimmiotto giunse all'ingresso, e lo trovò solidamente chiuso da due battenti di pietra. Sopra la porta una targa di pietra recava sei grandi caratteri tracciati con cura:

     GROTTA DEL VENTO NERO DEL MONTE DEL VENTO NERO

     "Aprite!" gridò Scimmiotto roteando il suo randello.
     Il diavoletto portinaio aprì e chiese: "Tu chi sei, per osar di bussare alla nostra grotta di immortali?"
     "Brutto mostro! Che cosa ci sarebbe in questo buco per farlo considerare una grotta di immortali? Per caso saresti tu l'immortale? Sbrigati ad annunciarmi a quel pelo scuro del tuo padrone e digli di restituirmi subito il kasâya: se no butterò per aria tutta la baracca."

     Il diavoletto corse ad annunciare: "Mahârâja, non si potrà più fare il convegno dell'abito buddista. C'è alla porta un monaco con la faccia pelosa e una voce da duca del tuono, che vuole farselo restituire."
     Il moro era appena rientrato dopo essere stato messo in fuga dal Novizio, e a stento aveva avuto il tempo di sedersi. Si chiese da dove poteva uscire quel cafone che si permetteva di far cagnara alla sua porta. Si fece portare l'armatura, la indossò e uscì impugnando una lancia con un guidone nero.
     Scimmiotto si era ritirato a una certa distanza e teneva gli occhi ben aperti: in effetti il mostro aveva un aspetto temibile.


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