"Ho sentito dire che, secondo gli antichi, orso e scimmia vengono dalla stessa radice. Comunque sono entrambi animali; come possono diventare spiriti?"
"Anche il vostro vecchio Scimmiotto è un animale" replicò ridendo il Novizio, "eppure è diventato Grande Santo Uguale al Cielo: che differenza fa? Come regola, tutte le creature del mondo provviste delle nove aperture possono coltivarsi e raggiungere l'immortalità."
"Dicevi che è forte come te. Come farai a vincerlo e a riportarmi il mio kasâya?"
"Di questo non vi date pensiero. Io so che cosa devo fare."
Mentre conversavano, i monaci portarono la cena e invitarono maestro e discepolo a mangiare. Tripitaka chiese delle lampade e si ritirarono nella sala di meditazione. I monaci dormivano sotto ripari di fortuna, lasciando ai superiori le comodità dell'unico edificio rimasto in piedi nella parte posteriore. La notte era quieta:
L'ombra della Via Lattea
Nella volta immacolata.
Le stelle brillano in cielo,
Mormora l'acqua che scorre:
Solo rumor che si sente
Nella notte silenziosa.
Taccion gli uccelli. Ogni fuoco
È spento in riva al ruscello.
Dalla pagoda distrutta
Non s'è udita la campana
Che suona l'ultima ora.
Riposavano nella sala di meditazione. Ma Tripitaka pensava al kasâya. Come trovar sonno? Si girava e rigirava nel letto, finché si accorse che spuntava l'alba: si alzò a sedere sul letto e gridò: "Consapevole del Vuoto, è giorno, corri a cercare il kasâya!"
Il Novizio fu subito in piedi. Vedendo i monaci che scaldavano l'acqua disse loro: "Prendetevi cura del maestro. Io vado."
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