Conclusi i suoi rilievi, Scimmiotto dichiarò: "Può andare. È certo brava gente, ci possiamo passare la notte."
Il reverendo spronò il cavallo. Presto giunsero a un crocicchio, dove incontrarono un giovanotto che recava in testa un turbante di cotone; indossava una giacchetta bianca, teneva un ombrello sottobraccio, sacco in spalla, pantaloni rimboccati e ai piedi sandali di paglia a tre orecchie. Si stava allontanando in fretta dall'abitato, a passi decisi. Il Novizio lo agguantò: "Dove corri? Ti devo chiedere una piccola informazione: come si chiama questo posto?"
"Non potete chiedere a qualcun altro?" gridò l'uomo cercando di liberarsi. "Lasciatemi stare!"
"Non prendetevela, caro donatore" replicò il Novizio con un sorriso largo da un'orecchia all'altra. "Aiutare gli altri, non è come aiutare se stessi? Che male ci sarebbe a spifferarmi il nome di questo posto? Magari il problema che vi affligge lo posso risolvere io."
"Non me ne va una dritta!" gridava il giovanotto pestando i piedi per la rabbia e cercando senza successo di sfuggire alla presa di Scimmiotto. "Prima mi frega il padrone, e poi mi capita addosso questa zucca pelata che gioca a fare la madonnina infilzata."
"Se sei capace di farmi aprire questa mano, ti lascerò andare" propose Scimmiotto.
L'uomo gliela torse da una parte e dall'altra, ma non riuscì a smuovere un dito, manco fosse la morsa di una pinza d'acciaio. L'uomo, esasperato, gettò fagotto e ombrello per liberare le braccia e cercò di tempestare di pugni il Novizio, che si limitava a tenerlo a distanza con una mano, mentre con l'altra reggeva i bagagli. Il giovanotto non riusciva a mettere un colpo a segno. Tripitaka si sentì in dovere di intervenire: "Consapevole del Vuoto, sta arrivando un'altra persona. Chiederemo a quella. Lascialo andare, che senso c'è a trattenerlo per forza?"
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