Wu Cheng'en
VIAGGIO IN OCCIDENTE


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     Nella notte che seguì, dentro la stanza dove tutti i prigionieri giacevano ammucchiati si udivano singhiozzi disperati. Scimmiotto riconobbe la voce di Tripitaka, che gemeva: "O Consapevole del Vuoto!

     Non diedi retta, ed ora amaramente
     Me ne pento. Ho portato a perdizione
     Te nei cembali d'oro, e tutti noi
     Legati qui come pacchi postali
     Che, temo, non saranno mai inoltrati."

     Scimmiotto si commosse: "Come al solito non mi ha dato retta al momento giusto, ma almeno gli dispiace e pensa anche a me. Approfitterò di questo momento tranquillo, in cui i mostri dormono e non badano a noi, per liberarlo."
     Il grande santo si rimpicciolì, finché poté scivolare fuori dalle corde che lo legavano e si avvicinò al monaco cinese. Mormorò: "Maestro!"
     Il reverendo riconobbe la voce ed esclamò: "Come hai potuto liberarti e venir qui?"

     Scimmiotto lo aggiornò sottovoce sugli ultimi avvenimenti.
     "Discepolo mio" gli disse Tripitaka confortato, "liberami subito! In futuro non sarò più testardo, ti darò sempre ascolto."
     Scimmiotto si mise alacremente all'opera e sciolse i legami di tutta la compagnia. Poi andò a prendere il cavallo e li invitò a fuggire. Li accompagnò al portone e volle tornare indietro e raccogliere i bagagli.
     "Dài più importanza alle cose che alle persone!" esclamò indignato Kang, il drago del metallo. "Hai liberato il tuo maestro: che ti importa dei bagagli?"
     "Non è vero che dia più importanza alle cose; gli abiti e la ciotola delle elemosine servono appunto alle persone. Nelle sacche ci sono i nostri documenti, il kasâya e la ciotola d'oro; questi ultimi sono doni del Buddha: non voglio certo lasciarli per strada."


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