Tripitaka addentò la propria pesca e anche lei accostò la sua alle labbra vermiglie: ma l'impaziente Scimmiotto non aspettò il morso e le balzò senz'altro in gola. La vampira si rivolse al monaco tutta spaventata: "Reverendo, che pesca strana! Mi è balzata in gola da sola."
"Quando la frutta è ben matura, come si dice, si mangia da sola."
"Ma questa mi è rotolata giù tutta intera, con il nocciolo."
"Voi siete di buonumore, signora, e il frutto era invitante; l'avete mangiato con tanto gusto, da ingoiare anche il nocciolo."
Intanto Scimmiotto era disceso nel ventre e gridava: "Maestro, lasciate perdere le manfrine. Ho la situazione in pugno."
"Non far male a nessuno, discepolo!"
"Ma a chi state parlando?" chiese la vampira, che udiva parlare l'interlocutore ma non riusciva a localizzarlo.
"Parlo al mio discepolo Consapevole del Vuoto."
"E dove sarebbe?"
"Nel vostro ventre, signora. Non avete riconosciuto la pesca rossa che vi è balzata in gola?"
"Dio mio, adesso che faccio?" gridò lei presa dal panico. "Sono nelle sue mani. Scimmiotto, perché ti sei dato tanto da fare per entrarmi dentro lo stomaco?"
"Niente di speciale, avevo appetito. Mi accontenterò di mangiarti i sei foglietti, fegato, polmoni e cuore, con le sue sette aperture e tre peli. Alla fine sarai ben ripulita e potrai aver successo nella carriera di scheletro fantasma, se troverai il giusto tono di voce sepolcrale."
La vampira, terrorizzata, si aggrappò al monaco: "Ah, reverendo mio, io credevo che fossimo
Legati a filo rosso fino all'eternità,
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