Wu Cheng'en
VIAGGIO IN OCCIDENTE


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     1. I cinesi sono più sofisticati di noi, che non usiamo risalire di due generazioni, e non giochiamo (in questo caso) sullo scambio fra insulto e cortesia.
     2. Nella tradizione cinese, gli antenati continuano indefinitamente a esistere e a operare attraverso i rapporti con i propri discendenti in vita. Interromperne il culto significa mandarli tutti a gambe all'aria, fino al più remoto. Ciò dovrebbe piacere ai buddisti, che ambiscono l'estinzione definitiva: ma la lingua cinese li tradisce. L'insulto pone l'accento sulla violazione del primo comandamento confuciano: la pietà filiale. Se non sai nulla del nonno, non pratichi il culto dei tuoi antenati e togli loro ogni onesta possibilità di esistenza. Noi ce la prendiamo solo con i liberi costumi della povera mamma, che in Cina violerebbero un precetto meno importante.

     3. Infine (o soprattutto, ai fini del racconto), diventerebbe proibitivo ricuperare la non rara utilizzazione dell'insulto nel contesto.
     Altre espressioni ingiuriose: nongbao, sacco di pus (ancora in uso), tradotto con sacco di merda; ta niang, fotto sua madre (oggi: ta made), tradotto con fottuto.
     Quanto agli eufemismi, l'espressione tradotta come: fare il bisogno grande (o piccolo, o far pipì) possiede un'aura di cerimoniosità cinese: tirar fuori il grande (o piccolo) rispettabile. Invece il pene come organo sessuale vede posta in dubbio la sua rispettabilità e diventa la radice disgustosa, ingegnosa metafora che non è sembrato giusto sostituire.

     Ippogrifo Anzi baize, nel bestiario fantastico cinese. Parla e comprende il linguaggio di tutti gli animali. Assomiglia al leone e viene utilizzato come figura araldica su abiti e bandiere.


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