I NIBELUNGHI


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     Molte gemme brillavano tra l'oro d'Arabia. La fatica delle donne non fu certamente lieve. In sette settimane furono finite le vesti, e anche le armi dei buoni guerrieri erano pronte.
     Quando essi furono armati, si vide sul Reno una forte navicella la quale doveva portarli al di là del mare. Le nobili giovinette venivano meno dallo sforzo.
     Allora furono avvisati i cavalieri, che le leggiadre vesti erano preparate, i loro desideri erano stati compiuti.
     Perciò non volevano più fermarsi sul Reno.
     Un messo fu mandato per dire ai compagni d'arme se volevano guardare le loro vesti nuove, e osservare se fossero troppo lunghe o troppo corte. Erano di giusta misura, e le donne furono ringraziate.
     Chiunque le vedeva doveva confessare di non aver mai veduto al mondo vesti più belle, e potevano certo portarle con piacere alla lontana corte. Nessuno avrebbe potuto parlare di guerrieri meglio abbigliati.


     A le belle fanciulle molte grazie fur pòrte,
     ma ogni cuore, ogni viso allor si turbò forte.
     Quindi i guerrieri chiesero congedo gentilmente,
     salutaron le donne assai cavallerescamente.

     Disse Crimilde: «O caro fratel mio, rimanete,
     e fra le donne nostre una sposa scegliete,
     perchè arrischiar la vita per un amor lontano?
     qui una nobile moglie pur non chiedereste invano».

     Nel loro cuor sorgeva cupo un presentimento,
     le parole tra il pianto scaturivano a stento,
     le lacrime offuscavano l'oro dei bei corpetti,
     scendendo dalle guancie a bagnare i colli e i petti.

     Ella disse: «Signore Siegfried, al tuo valore
     il mio fratel diletto raccomando di cuore,


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