I NIBELUNGHI


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     «Non volete lasciarmi in vita neppure uno dei miei, nobile Rüdiger. Ebbene, volgetemi la fronte, proverò con voi la buona spada che mi avete donato, così meriterò il vostro dono».
     I due cavalieri si slanciarono uno contro l'altro. Un colpo della spada di Rüdiger spaccò l'elmo di Grenot, e il sangue ne scaturì a fiotti. Ma Gernot brandì la spada, dono di Rüdiger, e lo ferì alla testa e al petto, e Rüdiger cadde. Entrambi i guerrieri morirono, Gernot e Rüdiger. Quando Giselher vide morto suo fratello si gittò furibondo contro quelli di Bechlar, e sotto i colpi dei Burgundi nessuno di loro si salvò. Allora nella sala si rifece silenzio.
     Fuori la regina diceva a Attila:
     «Rüdiger vuol certo salvarli; abbiamo fatto male a fidarci di lui».
     Ma Volker dalla sala le rispose:

     «Purtroppo non è così. E se mi fosse lecito smentire una così nobile donna direi che avete mentito diabolicamente verso Rüdiger. Egli vi fu fedele sino alla morte. E, se non lo credete, guardate voi stessa».
     Il corpo di Rüdiger fu portato dinanzi al re, e il dolore degli Unni fu grande. Nessuno scrittore potrebbe descrivere gli urli e i lamenti degli uomini e delle donne a vedere il cadavere del margravio.
     Il lamento del re Attila era così forte che pareva il ruggito del leone.
     Egli e la regina piansero smisuratamente la morte del buon Rüdiger.


     TRENTOTTESIMA AVVENTURA

     Come tutti i guerrieri di Teoderico furono uccisi.

     Da ogni parte i lamenti crebbero tanto che ne risuonavano il palazzo e la torre. Li udì anche un suddito di Teoderico. Egli corse dal principe e disse:


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