I NIBELUNGHI


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     Poi la regina disse ai guerrieri:
     «Non si devono portare armi qui nella sala. Consegnatele a me, signori, io le terrò in custodia».
     «In fede mia, non lo farò mai», disse Hagen. «No, dolce figlia di re; non desidero punto che voi custodiate il mio scudo e le altre armi. Voi siete qui regina. Mio padre m'insegnò, a custodirle da me».
     «Ahimè!», disse Crimilde, «perchè mio fratello e Hagen non vogliono dare a custodire i loro scudi? Certo essi sono avvertiti; se sapessi chi è stato, lo manderei a morte».
     Tosto Teoderico le rispose con collera:
     «Sono io che ho avvertito questi nobili principi e l'ardito Hagen, il cavaliere burgundo. Ma, donna infernale, non mi punirete per questo».
     La nobile regina si vergognò moltissimo. Essa temeva assai l'eroico Teoderico. Perciò se ne andò via senza dire una parola, lanciando solo un rapido sguardo ai suoi nemici.

     Due dei cavalieri allora si presero per mano. L'uno era Teoderico, l'altro Hagen.
     L'ardito re parlò cortesemente:
     «Il vostro viaggio fra gli Unni mi duole moltissimo, ora che la regina vi ha parlato in quel modo».
     Hagen rispose:
     «Penseremo a tutto, non dubitate».
     Così parlarono insieme i due cortesi guerrieri. Vedendo ciò il re Attila cominciò a domandare:
     «Vorrei ben sapere chi è il cavaliere che re Teoderico ha ricevuto tanto amichevolmente. Egli ha un aspetto assai orgoglioso. Chiunque sia suo padre certo egli mi ha l'aria di un buon guerriero».
     Un servo di Crimilde gli rispose:
     «Egli è di Tronje, suo padre si chiama Aldriano. Per quanto qui si mostri cortese, è un uomo feroce: vedrete fra poco che non dico menzogna».


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