I NIBELUNGHI


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     «Se la lasciate continuare così, ella trarrà dalla sua parte molti guerrieri, e l'andrà male per noi».
     Disse il re Gunther:
     «Il tesoro è suo. Che importa a noi come ella lo spende? Non vedevo l'ora che mi ridivenisse amica; non le domando come distribuisce le sue gemme e il suo oro».
     Hagen disse al re:
     «Un uomo prudente non affida tali tesori a una donna. A forza di doni ella arriverà al punto che i Burgundi se ne dovranno pentire».
     Disse re Gunther:
     «Io le ho fatto giuramento di non darle più nessuna pena. E voglio mantenerlo. Essa è mia sorella».
     Hagen replicò:
     «Gettate la colpa su di me».
     E i due, dimentichi del giuramento, tolsero alla vedova l'immane tesoro. Ma Gernot si adirò quando lo seppe. E il giovane Giselher disse:
     «Molto male ha fatto Hagen a mia sorella. Se non ci fosse congiunto, lo pagherebbe con la vita».

     E nuove lagrime pianse la moglie di Siegfried.
     Il re Gernot disse allora:
     «Piuttosto di sopportare nuove pene con questo oro, meglio sarebbe buttarlo nel Reno, così non apparterrebbe più a nessuno».
     Crimilde andò da Giselher immersa in gran pianti, pregando il fratello di proteggere la sua vita e i suoi beni. E Giselher le promise tutto, ma frattanto Hagen e gli altri erano andati ad affondare il tesoro nel Reno, giurando che non avrebbero confidato a nessuno dove l'avrebbero nascosto.
     Al dolore di Crimilde per il marito si aggiunse questo nuovo: la perdita del tesoro.
     Dopo la morte di Siegfried ella visse così tredici anni, sempre pensando a lui in fedeltà perfetta.
     Dama Ute aveva frattanto fondato una abbazia principesca dopo la morte di Dankwart, con grosse rendite, là a Lorsch, che si vede ancora oggi.


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