Felice Venosta
CARLO PISACANE E GIOVANNI NICOTERA
(o LA SPEDIZIONE DI SAPRI)


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     "Ma alcuni di questi, scrive il Colletta, confidenti alle regali promesse di clemenza o arrischiosi o dal fato prescritti, restarono: e nel giorno istesso furono imprigionati o morti; due fratelli di nome Corona, napoletani, partigiani di libertà, rimasti con troppa fede al re, furono, per comando di lui, presi ed uccisi. La plebe, scatenata sotto velo di fede a Dio e al pontefice, spogliò case, trucidò cittadini, affogò nel Tevere molti Giudei: operava disordini gravi e delitti."
     Championnet, raccolte tutte le milizie che qua e là aveva, sconfisse da ogni parte il nemico; gli tolse molte armi e bandiere; e, da assalito divenendo assalitore, mosse colle sue genti per alla volta di Napoli. Il re e la regina, non vedendosi nella metropoli più sicuri, ai 21 dicembre 1798 partirono per la Sicilia, recando seco le suppellettili più preziose dei reali palazzi, tutte le ricchezze dei musei, non che quelle dello Stato, cento milioni di lire, e lasciando il regno senz'ordine, senza leggi, e nella miseria. Non contento di ciò, volle Ferdinando, per soprassello, impartire barbarissime disposizioni, fra cui quella di abbruciare le navi dell'arsenale e dei porto, perchè non andassero in mano ai Repubblicani. E due vascelli, tre fregate e centoventi barche cannoniere furono arse in cospetto della città, che rimase mesta e costernata da quel tristo spettacolo.

     Il generale francese, dopo fiera battaglia, e molte stragi, ai 23 gennaio 1799, entrò vittorioso in Napoli, e proclamò la Repubblica Partenopea. Mentre i buoni sostenevano i nuovi ordini della libertà e adoperavano ogni più onesto e generoso modo, i tristi facevano studio di male arti per rinsediare in trono la tirannide e la barbarie. Uomini di cattivo ingegno, ladri, assassini si posero alla testa della controrivoluzione nelle provincie. Essi erano chiamati amici ed onorati da Ferdinando e da Carolina; ad essi si rivolsero i preti, i frati, i vescovi e gli altri amici del dispotismo; e ad essi fu anima e capo il cardinale Fabrizio Ruffo, uomo che lasciò di sè fama scelleratissima. Assuntosi quel porporato di sommuovere le Calabrie contro i Repubblicani, sbarcò sul lido calabrese nel febbraio di quel medesimo anno 1799; raccolse intorno a sè malfattori e masnadieri in gran copia, e ne compose un esercito che chiamò della Santa Fede; donde venne poscia il nome di Sanfedisti a tutti i più perversi retrivi. Il Ruffo s'impadronì di molte città calabresi; eppoi si diresse a Cotrone(5) ove, in nome della religione e del diritto divino dei re, fece nefandità non mai più udite. Tutti gli amanti di Repubblica vennero tratti a morte, anche negli altri luoghi in cui l'esercito della Santa Fede entrava vittorioso; e fra questi, la sera del 24 febbraio, Giovanni Andrea Serrao, vescovo di Potenza, uomo veneratissimo per dottrina, per vera religione e per santità di costumi.


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