Felice Venosta
CARLO PISACANE E GIOVANNI NICOTERA
(o LA SPEDIZIONE DI SAPRI)


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     Nei fatti napolitani si trova spesso citata la guardia urbana, come quella che prese parte alla repressione d'ogni pių nobile conato. Crediamo pregio dell'opera narrare come e di quali elementi si componesse. La guardia urbana non era che una fazione armata, che si reclutava fra i pių improbi ed i pių ignoranti sudditi devoti del Borbone; ogni milite, prima d'essere iscritto nei registri, soggiaceva al pių severo scrutinio: i suoi atti, i suoi desideri, i suoi costumi erano accuratamente scandagliati; nč bastava che egli fosse ardentissimo ammiratore del governo e furibondo nemico del progresso civile: al soldato dell'ordine delle Due Sicilie era pure mestieri d'essere improbo e malvagio. I comandanti di queste orde poi, gli uomini preposti ad imperare su di esse in ciascun comune, dicevansi capi-urbani, e dovevano avere mostrato con evidenti prove l'affetto sentito per la casa dei Borboni ed i servigi a questa renduti. La guardia urbana era costretta a sussidiare le milizie regolari ed a supplire alle medesime col restare anche di guarnigione ove quelle non fossero. Ordinamento di partito fu questo, non istituzione liberale, come si era fatto credere all'estero; diramazione della polizia, la guardia urbana potevasi altresė considerare; imperocchč compiutamente ed esclusivamente vedevasi soggetta al ministero di polizia, ed i manigoldi che vi si facevano ascrivere non ricusassero qualunque incarico di bargello, di spia ed anche di carnefice. Ricordava la guardia urbana delle Due Sicilie i centurioni di papa Gregorio XVI, e serviva ad appuntellare la tirannide borbonica, con pių di trecentomila scellerati e fanatici realisti, i quali, riuniti alle numerose soldatesche, ai mercenari svizzeri, ai gendarmi, agli agenti di polizia, agl'impiegati, ai servili magistrati, alla maggioranza del clero ed agli attivissimi gesuiti costituivano la gran macchina governativa di cui era supremo regolatore Ferdinando II.


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