Felice Venosta
CARLO PISACANE E GIOVANNI NICOTERA
(o LA SPEDIZIONE DI SAPRI)


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     Fra i morti erano: Domenico Rolla, Giovanni Sala e Luigi Conti; fra i feriti: Giovanni Gagliani, Giuseppe Faielli, Giuseppe Sant'Andrea, Cesare Achille Perucci, Carlo Rota e Pietro Rusconi.
     I prigionieri in numero di ventinove, tutti grondanti sangue e nudi, fra i quali Giovanni Nicotera, a furia di popolo, venivano sospinti entro il paese di Sanza. Diamo luogo alle parole di uno dei superstiti di quelle ecatombi.
     "Uno dei guardiani del campo, finita la pugna, si aggirava tra le vittime, per constatarne la morte. Una di esse, gli parve desse segno di vita. Tre fendenti di scure gli avevan fatto tre larghe ferite nel capo: la mano destra giaceva inerte per una quarta ferita. Al di lui fianco un largo cappello alla calabrese lo additava per uno dei capi della spedizione. Era il barone Giovanni Nicotera, che giaceva supino e privo di sensi. Il guardiano dava ordine ai suoi uomini di raccoglierlo e di consegnarlo nelle mani della giustizia. Venne spogliato ignudo, deposto sopra una barella e trasportato a Sanza. Lungo il tragitto, turbe d'infuriate megere muovevano incontro al convoglio, in cerca delli briganti che volevano ammazią u re. Il guardiano giungeva in tempo per salvarlo dalle furie, che volevano scannare il catturato semivivo. I portatori, stanchi, a un certo punto della via, deponevano la barella per riposare. Il guardiano si scostava alcuni passi, e soggiungeva altro drappello di donne, armate di forche e di picconi, le quali si affollavano intorno al Nicotera, e scaricavano sul di lui ignudo corpo colpi spietati. Uno di questi colpi lo feriva al ventre e gli faceva uscire l'ombelico; nč sarebbe stato l'ultimo se il guardiano tratto al rumore, non salvava una seconda volta la vita del prigioniero. Il dolore della nuova ferita aveva richiamato ai sensi il coraggioso Nicotera, svelandogli tutto l'orrore della sua posizione. Ma la triste storia non era finita. All'ingresso del paese altre megere infuriate assalivano il convoglio, e volevano costringere il Nicotera a pronunciare: Viva u re! Egli raccoglieva un supremo sforzo d'energia, e lieto d'aver occasione a finirla una volta, gridava con quanta forza si sentiva ancora in gola: Morte al re! Le streghe gli si precipitavano addosso, armate di coltello, e la sua vita era salva a stento per la terza volta, dal guardiano. Chi era mai questo guardiano? Come fu deposto sulla nuda terra in una stanzaccia del convento, il Nicotera riesciva saperlo. Il guardiano gli stringeva la mano; gli faceva il segno dei carbonari, e gli domandava se qualche cosa potesse fare ancora per lui. Credete che il Nicotera gli domandasse qualche cosa per sč? No. Le sue uniche parole furono queste: "- Scendi al campo, e cerca vicino al posto ov'io mi trovava, un uomo basso, biondo, col cappello uguale al mio. Al fianco porta una borsa: dentro la borsa sonovi alcune carte. Prendi tutte le carte e mettile in sicuro."


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