Felice Venosta
CARLO PISACANE E GIOVANNI NICOTERA
(o LA SPEDIZIONE DI SAPRI)


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     (20) Allude alla fallita spedizione del giorno 13; da questo si vede la fiducia che aveva il Pisacane nelle promesse fattegli.
     (21) Nome convenzionale di Fanelli.
     (22) Il Pisacane voleva arrivato in Napoli incominciare senz'altro la rivoluzione.
     (23) Sin da quando pubblicammo nel 1864 i fatti di Sapri ci fu presentato uno scritto firmato, come ci si affermava, dagli stessi, L. Zuppetta, G. Matina, N. Agresti, R. Laurelli, Nicola Mignogna, Filippo De-Boni, Nicola Fabrizi, Aurelio Saffi, Antonio Mordini, e F. Crispi, in cui, citando documenti, si dimostrava che Fanelli e Dragone in fatto di promesse portarono il dubbio insino allo scrupolo; che le loro vedute e i loro disegni accennavano a profonde meditazioni ed a previdenze di favorevoli risultati; che Mazzini e Pisacane, astretti dai loro progetti preordinati ed allettati dalla speranza che un diversivo qualunque potesse dare forme atletiche ai sincroni movimenti altrove preparati, operarono improvvisamente ed anticipatamente a ciò che gli accordi indicavano; che infine il disastro di Sapri dovevasi ascrivere ad una di quelle fatalità, che ogni popolo è condannato a subire come inesplicabile volere del cielo, e come prezzo anticipato della redenzione. Malgrado di un tale scritto, testimoni oculari, assicurano che Il comitato di Napoli mancò alla data parola.

     (24) Nel 1860 con religioso raccoglimento quivi si fermarono i Garibaldiani a contemplare il letto ove dormì il martire, Pisacane.
     (25) Affinchè i lettori abbiano una esatta cognizione del numero delle forze contro cui dovettero combattere i compagni dell'infelice Pisacane, accenniamo come i battaglioni di cacciatori nell'ex esercito borbonico fossero composti di otto compagnie dai 150 ai 160 uomini cadauna.


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