Federico Adamoli
LA CHIESA PERDUTA
(La vicenda della Chiesa di S. Matteo di Teramo)


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     Viene quindi avviata la procedura che condurrà all'esecuzione della demolizione, affidata alla ditta Beniamino Melasecchi. Nel novembre 1940 viene stilato il "foglio di condizioni" che descrive la procedura da compiere, che prevede: «Smontaggio del tetto e delle grosse incavallature che lo sostengono; demolizione delle volte della Chiesa e delle arcate intermedie; abbattimento dei muri della chiesa esclusi i muri di divisione o di confine coll'ex fabbricato del Liceo-convitto; demolizione del pavimento; smontaggio dell'altare principale e degli altari secondari laterali; smontaggio dell'organo, dell'orologio e relativo macchinario, delle campane, del portale in pietra sul fronte principale. I materiali di recupero risultanti dalle demolizioni restano di proprietà dell'Impresa, esclusi l'organo, l'orologio ed il macchinario, le campane, il portale di pietra ed il portone d'ingresso, che l'Impresa trasporterà in deposito presso i magazzini comunali. Il materiale inutile e di rifiuto sarà man mano trasportato alle pubbliche discariche»21.

     Il 16 gennaio 1941 inizia la demolizione. Il Vescovo Micozzi nel disperato tentativo di interromperla intraprende un'azione legale, chiedendo tra l'altro l'accesso alla chiesa, per consentire al suo tecnico di fiducia un sopralluogo allo scopo di verificare le reali condizioni statiche della chiesa. L'ingegnere Filippo Sneider esegue il 22 gennaio due accessi alla chiesa: nel mattino prende visione del prospetto e dà uno sguardo sommario allo stato del fabbricato, non essendo riuscito ad accedere all'interno, poiché era in corso la demolizione dell'ultima parte del tetto e del timpano di coronamento del prospetto. Nel pomeriggio riesce ad entrare nella chiesa e prende visione dello stato del tempio «al quale purtroppo era stata già demolita la bellissima volta fino all'arco del presbiterio». Le modalità di esecuzione della demolizione evidenziavano secondo l'ingegnere che «non solo non vi era alcuna preoccupazione per la stabilità della costruzione, in quanto non si erano predisposti nè i puntellamenti nè alcuna opera provvisionale, come sarebbe stato necessario se il fabbricato fosse stato fatiscente, ma non si era presa nessuna precauzione per salvare qualcuno dei dettagli di maggior valore della decorazione, quali potrebbe essere stato il portale dell'ingresso principale, le statue che decoravano il presbiterio ecc. La demolizione procedeva come per un fabbricato condannato alla totale distruzione. (...) I danni lamentati riguardavano le coperture a tetto, per il restauro del quale nel 1939 lo stesso Comune di Teramo, patrono della chiesa, aveva stanziato una somma, e la decorazione della volta della navata che conseguentemente era stata danneggiata da infiltrazione d'acqua e dalla caduta di materiale di copertura. Le strutture verticali, che [l'ingegnere] ha potuto personalmente osservare, non facevano sorgere alcun dubbio sulla loro stabilità; d'altra parte l'organismo della Chiesa era tale che avrebbe reso possibile qualsiasi restauro delle strutture di copertura, in quanto la spinta della volta della navata centrale era ben bilanciata dal peso del tetto e dai muri delle quattro cappelle laterali con il loro asse normale a quello della navata centrale. La buona stabilità della Chiesa è confermata anche dall'esame delle strutture portanti che erano rimaste a nudo nel corso dei lavori di demolizione; tali strutture e precisamente la piattabanda della grande finestra sul prospetto, la volta del presbiterio, gli zamini della volta centrale, le piattabande delle finestre laterali, gli archi e le volte delle Cappelle non presentavano lesioni anche dopo fatta crollare la volta; ciò fa escludere qualsiasi sospetto che la Chiesa minacciasse rovina. Inoltre che nessun dubbio fosse sorto sulla stabilità è dimostrato dal fatto che la Chiesa è stata demolita dopo che si era provveduto al suo isolamento senza il verificarsi di alcuna lesione sui muri di perimetro, che venivano abbattuti senza opera di puntellamento, permettendo allo stesso tempo agli operai di procedere alla demolizione lavorando sul loro spessore».


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