I NIBELUNGHI


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     Non andò molto e giunse Ildebrando, che si posò lo scudo al piede e domandò ai Burgundi:
     «Ohimè; buoni cavalieri, che vi ha fatto Rüdiger? Mi manda il mio signore Teoderico a domandarvi se è vero che voi abbiate ucciso il margravio».
     Rispose il feroce Hagen:
     «La notizia è vera, per quanto vorrei che non lo fosse, e egli vivesse ancora».
     Allora si videro scorrere le lagrime sui visi degli uomini di Teoderico, e Siegstab, il duca di Verona, disse:
     «Ahimè, ora per colpa vostra è finita la bontà che sempre Rüdiger ci aveva dimostrato!».
     E Wolfwein degli Amelunghi disse:
     «Se vedessi qui giacere morto mio padre non mi dorrebbe tanto come di Rüdiger. Ahimè! chi potrà ora consolare la margravia?».
     E Wolfhart disse adirato:
     «Chi ci guiderà ora in battaglia, come fece tante volte Rüdiger? Ohimè, egli è perduto per noi!».

     E tutti i guerrieri piangevano. Ildebrando disse:
     «Allora dateci il cadavere di Rüdiger, perchè gli rendiamo gli estremi onori».
     E lo stesso disse Wolfhart. Ma Volker rispose:
     «Andatelo a prendere là dove l'eroe è caduto nel proprio sangue».
     Disse allora Wolfhart:
     «Signor suonatore di violino, non irritateci. Se il mio signore non ci avesse proibito di azzuffarci con voi, paghereste il male che ci avete fatto».
     Rispose il suonatore:
     «Chi tralascia ciò che gli viene proibito di fare vuol dire che ha paura».
     «Se non smettete lo scherno», disse Wolfhart, «io vi guasterò le corde in maniera che ancora sul Reno ve ne ricorderete, se mai ci tornate».
     Disse il suonatore:
     «Se mi guastate le mie corde, lo splendore del vostro elmo si offuscherà».


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