Felice Venosta
CARLO PISACANE E GIOVANNI NICOTERA
(o LA SPEDIZIONE DI SAPRI)


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     Dopo il martirio di quegli eletti uomini, si formò una società segreta, che fu appellata Associazione unitaria italiana, la quale, inspirandosi nel Comitato di Londra, aveva per iscopo di costituire in tutti i comuni dell'Isola Comitati filiali, e di mantenere sempre acceso nel popolo l'amore di libertà, di raccattare danaro per la causa del riscatto, e di tenere la Sicilia avvinta al grande rivolgimento italiano che preparava la democrazia. Il truce direttore di Polizia Maniscalco venne verso il 1854 a capo di scoprire alcune fila della trama; egli fece trarre, carichi di ferri, nelle prigioni di Palermo i più audaci dell'Associazione, i quali vi languirono fin sullo scorcio dell'agosto 1856. E pure allora non ebbero piena libertà; imperocchè il Maniscalco, posto in sulle guardie dai tentativi d'insurrezione che venivano di quando in quando succedendosi in parecchi punti, della Penisola, si faceva disprezzatore d'ogni regola di morale e di giustizia, e li condannava arbitrariamente a domicilio forzoso sotto la vigilanza immediata della Polizia.

     All'alba del 23 novembre 1856, il barone Francesco Bentivegna di Corleone, Salvatore Spinuzza di Cefalù ed altri elettissimi patrioti inalberavano in Taormina la bandiera della libertà. Non risposero alla santa chiamata che Mezzoiuso, Ciminna, Villafrate, Ventimiglia e Cefalù: muti rimasero gli altri paesi di Sicilia. Non si perdettero tuttavia di coraggio i capi dell'insurrezione, e quantunque le soldatesche regie, comandate dai tenenti-colonnelli Marra e Ghio, in forte nerbo, e un distaccamento di guardie rurali, specie di guardaboschi, capitanate dal sindaco di Belfrate, si scagliassero contro di essi, si difesero strenuamente per alcuni giorni, facendo pagare cara ai Borbonici la vittoria. Il Bentivegna, Spinuzza, Luigi Pellegrino di Messina, i fratelli Nicola e Carlo Botta, Alessandro Guarnera e Andrea Maggio di Cefalù, Francesco Bonafede di Gratteri ed altri cadevano nelle mani dei vincitori. I palermitani Luigi La Porta e Francesco Riso, il trapanese Mario Palizzolo e Vittorio Guarnaccio di Mezzoiuso con pochi riuscirono a sfuggire dalle loro mani; alcuni di questi poterono imbarcarsi per l'estero.


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