Felice Venosta
CARLO PISACANE E GIOVANNI NICOTERA
(o LA SPEDIZIONE DI SAPRI)


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     Salvatore Spinuzza aveva mente avida di sapere, animo pietoso verso i bisognosi che spesso lo circondavano. Niuno abborrì più di lui il dispotismo, niuno più di lui amò la libertà. Le carceri, le incessanti sevizie, le scellerate persecuzioni di alcuni suoi concittadini non gli fiaccarono l'animo, non ne indebolirono i forti propositi. Giovane eroe, lo Spinuzza cadeva quando la patria abbisognava del sangue dei suoi figli.
     Non erano quasi scorse ventiquattr'ore dacchè il Borbone si bruttava del sangue di que' due generosi, quand'egli impallidiva innanzi alla baionetta di un giovine soldato.
     Per antica costumanza, il giorno otto dicembre, Ferdinando doveva passare una grande rassegna al campo di Marte. Meglio di venti mila uomini, comandati dal tenente-generale Del Carretto, erano sotto le armi. Il re, circondato da numeroso stato maggiore, si recava al campo. Sfilavano i battaglioni di fanteria, quand'ecco dalla 7a compagnia del 3° cacciatori, irrompeva un soldato; che, novello Scevola, con baionetta spianata, con passo fermo, moveva innanzi al tiranno, lo colpiva alla coscia, ritornava alla percossa ed avrebbe triplicato il colpo, se il conte don Francesco della Tour, tenente-colonnello degli Usseri della Guardia Reale, veduto il fatto, non si fosse spinto col cavallo sul soldato e stramazzato non lo avesse al suolo(15).

     Quel cacciatore era Agesilao Melano o Milano. Aveva sortito la vita nel 1830 da civile famiglia nel comune di San Benedetto Ullano, nella Calabria Citra, uno dei villaggi appartenenti alle colonie greche. Lo studio delle lingue e delle storie antiche gli aveva nutrito di buon'ora un pronto ingegno ed infiammato il nobilissimo cuore. Fin da giovinetto gli apparvero meravigliosi gli eroi delle Repubbliche di Grecia e di Roma. Ogni loro detto e fatto gli diventò famigliarissimo; di tutta la sapienza antica fece tesoro nella mente. Questo amore per le forti virtù e per la grandezza degli antichi uomini liberi si accrebbe in lui nel collegio Italo-Greco, ove recavasi a compire gli studi. Essendo scritto sul suo petto:


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