Felice Venosta
CARLO PISACANE E GIOVANNI NICOTERA
(o LA SPEDIZIONE DI SAPRI)


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     Con grande soddisfazione delle corti d'Europa e dei retrivi quella pensione non doveva essere pagata per molto tempo. Non erano quasi scorsi due mesi, che il Governo di Torino ne abrogava il decreto, gettando la famiglia Milano in quella miseria da cui un atto benefico l'aveva sottratta. Esso decretava invece pensioni ai Ghio, ai Marulli, ai Marra, agli Spanzilli ed altrettali borbonici uccisori di libertà.
     In Torino, nel 1857, un artefice di cuore ritraeva le sembianze di Francesco Bentivegna e di Agesilao Milano sopra una medaglia che qui riproduciamo; e l'avv. Giuseppe Del-Re, emigrato napoletano, scriveva un Carme intitolato Agesilao Milano(17).

     [vedi medaglia.png]

     I fatti che si svolgevano in Sicilia ed in Napoli commossero altamente l'animo di Carlo Pisacane che traboccò poi di sdegno, quando il Borbone, rifatto dalla paura, e reso vieppiù esacerbato dall'esplosione di una polveriera e di una fregata per opera del Comitato napoletano, volse l'animo alle maggiori repressioni, perseguitando perfino i vecchi, le donne e i fanciulli(18). Terenzio Mamiani aveva detto: "un tiranno che opprime il suo popolo, le sacre carte confermano il popolo nel sacro diritto di spegnerlo." Vincenzo Gioberti aveva detto, piangendo su i generosi Bandiera, che "meglio invidiava la loro sorte che la potenza di re Ferdinando." Il Pisacane pensò di proposito a siffatte sentenze, e si convinse che la salute e la salvezza della patria stava appunto in ciò che prima aveva gridato cagione di sua rovina.


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