Opere di letteratura italiana e straniera |
Veduto che ebbero il pomposo palazzo, la bella giovane, accostatasi al re, dolcemente lo pregò che si degnasse con la sua donna di voler un giorno con esso loro desinare. Il re, che non aveva il cuor di pietra ed era di natura magnanimo e liberale, graziosamente tenne lo invito. E rese le grazie dell'onorato accetto che le donne fatto gli avevano, con la reina Si partì ed al suo palazzo ritornò. Venuto il giorno del deputato invito, il re, la reina e la matrigna, regalmente vestite ed accompagnate da diverse matrone, andorono ad onorare il magnifico prandio già lautamente apparecchiato. E data l'acqua alle mani, il siniscalco mise il re e la reina ad una tavola alquanto più eminente ma propinqua alle altre; dopo fece tutti gli altri secondo il loro ordine sedere: ed a gran agio e lietamente tutti desinarono. Finito il pomposo prandio e levate le mense, levossi Samaritana in piedi; e voltatasi verso il re e la reina, disse: - Signor, acciò che noi non stiamo nell'ozio avvolti, qualcuno propona alcuna cosa che sia di piacere e contento. - Il che tutti confirmarono esser ben fatto. Ma non vi fu però veruno che proponere ardisse. Onde vedendo Samaritana tutti tacere, disse: - Dopo che niuno si move a dire cosa alcuna, con licenza di vostra Maestà farò venire una delle nostre donzelle che ci sarà non picciolo diletto. - E fatta chiamare una damigella che Silveria per nome si chiamava, le comandò che prendesse la cetra in mano ed alcuna cosa degna di laude ed in onore del re cantasse. La quale, ubidientissima alla sua signora, prese la cetra; e fattasi al dirimpetto del re, con soave e dilettevol voce, toccando col plettro le sonore corde, ordinatamente li raccontò l'istonia di Biancabella, non però mentovandola per nome. E giunta al fine dell'istoria, levossi Samaritana, e addimandò al re qual convenevole pena, qual degno supplicio meritarebbe colui che sì grave eccesso avesse commesso. La matrigna, che pensava con la pronta e presta risposta il difetto suo coprire, non aspettò che 'l re rispondesse, ma audacemente disse: - Una fornace fortemente accesa sarebbe a costui poca pena a quella che egli meritarebbe. - Allora Samaritana, come bragia di fuoco nel viso avampata, disse: - E tu sei quella rea e crudel femina per la cui cagione fu tanto errore commesso. E tu, malvagia e maladetta, con la propia bocca te stessa ora dannasti. - E voltatasi Samaritana al re, con allegra faccia gli disse: - Questa è la vostra Biancabella! Questa è la vostra moglie da voi cotanto amata! Questa è colei senza la quale.voi non potevate vivere! - Ed in segno della verità comandò alle tre donzelle, figliuole del vecchiarello, che in presenza del re le pettinassino i biondi e crespi capelli: dai quali, come è detto di sopra, ne uscivano le care e dilettevoli gioie, e dalle mani scaturivano mattutine rose ed odorosi fiori. E per maggior certezza dimostrò al re il candidissimo collo di Biancabella intorniato da una catenella di finissimo oro, che tra carne e pelle naturalmente come cristallo traspareva. Il re, conosciuto che ebbe per veri indizi e chiari segni lei esser la sua Biancabella, teneramente cominciò a piangere ed abbracciarla. Ed indi non si partì, che fece accendere una fornace, e la matrigna e le figliuole messevi dentro. Le quali, tardi pentute del peccato suo, la loro vita miseramente finirono. Appresso questo, le tre figliuole del vecchiarello orrevolmente furono maritate; e Ferrandino re con la sua Biancabella e Samaritana lungamente visse, lasciando dopo sé eredi legittimi nel regno.
|